Lo vuole il Parlamento federale
Ora però una mozione approvata da entrambe le Camere federali (da ultimo, il Consiglio Nazionale settimana scorsa) domanda al Governo di modificare questa regola, introducendo una maggiore libertà per le compagnie assicurative nel selezionare i professionisti sanitari con cui lavorare. In pratica, i medici dai quali in futuro potremo recarci sarebbero stabiliti dalla nostra cassa malati o, viceversa, se volessimo rivolgerci a un determinato medico potremmo dover cambiare assicurazione.
L'idea, già approvata dal Consiglio degli Stati lo scorso settembre, è che, consentendo agli assicuratori di scegliere quali medici e strutture rimborsare, si possa ridurre l'offerta eccessiva di servizi sanitari in alcune regioni. Insomma, i promotori della restrizione, come il firmatario della mozione Peter Hegglin (CdS, Centro), sostengono che tale misura potrebbe contribuire a frenare l'aumento del volume delle prestazioni e dunque dei costi della salute.
Una posizione sostenuta anche dall’associazione degli assicuratori malattia svizzeri Prio.swiss, come ci spiega il portavoce Ivo Giudicetti: “L’associazione ritiene che la volontà del Parlamento di allentare l’obbligo di contrarre nelle regioni di offerta eccedentaria di cure sia un ulteriore passo utile per contenere il costante aumento dei costi, senza toccare la garanzia di un accesso alle cure. Questo a vantaggio degli assicurati, quindi di coloro che pagano i premi”.
“Attualmente - aggiunge Giudicetti – i requisiti di qualità ed economicità della fornitura di prestazioni svolgono soltanto un ruolo secondario nell’autorizzazione ai fornitori”.
Risponde per le rime Franco Denti, presidente dell’Ordine dei medici del Canton Ticino (Omct): “Le assicurazioni vogliono decidere con quali medici, ospedali e cliniche lavorare, escludendone altri. E lo fanno avanzando motivazioni che, a mio avviso, sono pretestuose”. Nello specifico, “sostengono che i medici non siano controllati, ma sappiamo bene che sono proprio gli assicuratori a verificare strettamente già oggi l’economicità delle cure fornite nei nostri studi. Questo rende infondato il loro argomento”.
Inoltre, rincara Denti, “parlano di criteri di qualità, ma si tratterebbe di standard imposti da loro, dunque non necessariamente in linea con i principi della medicina. Il libero accesso al medico è un patrimonio del sistema sanitario svizzero, un diritto acquisito dal popolo svizzero nel corso della sua storia. Un diritto, si noti, che anche solo 40-50 anni fa in regioni come il Ticino fattualmente non sussisteva. Proporre un allentamento dell’obbligo di contrarre significa non rispettare questa acquisizione fondamentale e i principi su cui si basa il nostro sistema sanitario”.
“Se questa riforma passasse – prosegue il presidente dei medici ticinesi –, rischiamo di andare verso un sistema in cui chi ha i soldi può permettersi gli specialisti migliori”.
Favorire una migliore distribuzione di medici e cliniche
Giudicetti torna su quello che a lui sembra il nodo della questione: “L’obbligo sistematico di contrarre ostacola la determinazione del bisogno di cure mediche in base a criteri come la concorrenza, la qualità o la distribuzione regionale dei fornitori e obbliga gli assicuratori a coprire i costi di tutti i fornitori di prestazioni autorizzati dai singoli Cantoni anche nel caso di un'offerta eccessiva. Questa è una delle ragioni che spiega il costante aumento dei costi, quindi anche dei premi dell’assicurazione malattie obbligatoria”.
A tale riguardo, Franco Denti ribadisce come gli assicuratori stiano già con il fiato sul collo dei medici. In realtà, la situazione è sbilanciata nel senso opposto: “In Ticino i costi della salute aumentano del 2-4% l’anno, mentre i premi aumentano del 10%. Sono ormai anni”, martella, “che il costo effettivo delle cure non corrisponde più all’aumento dei premi, specialmente in Ticino”.
“Il sistema manca già oggi, e parecchio, di trasparenza. Ora, immaginiamo cosa accadrebbe se questo nuovo meccanismo venisse codificato e reso strutturale: gli assicuratori avrebbero un potere enorme, e questo non è accettabile”.
I Cantoni stanno già lavorando su un binario parallelo
Attraverso il portavoce Giudicetti, la posizione degli assicuratori aggiunge un’ulteriore sfumatura: “L’obbligo di contrarre va ridefinito e allentato in particolare nelle aree in cui vi è un’alta densità di fornitori di prestazioni. Quest’approccio potrebbe correggere una distribuzione geografica squilibrata dell’offerta anche nelle zone che presentano una certa carenza di personale qualificato”.
Il Consiglio federale, tuttavia, si era espresso contro la mozione Hegglin, poiché la stessa Confederazione, adducendo essenzialmente le medesime motivazioni e seguendo gli stessi ragionamenti, negli anni scorsi (ce ne occupammo già nel lontano… 2023) ha già dato ai Cantoni la facoltà di stabilire un tetto al numero di studi medici ambulatoriali (sia di medici di famiglia, sia di specialisti) e di gestirne la distribuzione sul loro territorio.
“Proprio così”, sottolinea Denti. “Questo mostra una certa schizofrenia della politica federale: il lunedì prende una decisione, il venerdì se ne dimentica e ne prende un’altra, contraddittoria. Ciò porta a continue altalene e a provvedimenti incoerenti”.
A cosa si dovrebbe tale iperattivismo? Per Denti si tratta, né più né meno, che di “una strategia a tutto campo delle casse malati, portata avanti da anni, grazie a una evidente capacità di influire sotto la cupola di Palazzo federale. Hanno già perso due votazioni popolari su tentativi analoghi, nel 2008 e nel 2012. Contro la volontà del popolo svizzero di mantenere la libertà di scegliere il proprio medico, l’ospedale e la clinica in cui farsi curare”.
E se il Consiglio federale dovesse emanare una legge che ricalca le richieste degli assicuratori, abolendo del tutto l’obbligo di contrarre? Denti non ha incertezze: “Sarà inevitabile un nuovo referendum a livello federale”.
“Giusto”, concede il presidente dei medici, “affrontare la sfida dei costi in crescita attraverso una rigorosa pianificazione ospedaliera (e può starci una gestione attenta del numero degli studi medici ambulatoriali). Ma non si può risolvere il problema togliendo ai cittadini il diritto di scegliere dove e da chi farsi curare”.
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