‘Prima di curarla la Città va ascoltata’ - La Regione

Franco Denti (Ppd), medico, in corsa per il Municipio di Lugano: 'Il partito dovrà ingranare un'altra marcia'
di Cristina Ferrari
 
Nato nel 1957 a Sorengo. Cresciuto a Lugano, nel quartiere di Molino Nuovo, specializzatosi a Zurigo in medicina generale e dal '97 titolare di uno studio a Barbengo. Franco Denti è medico di famiglia. Presidente dell'Ordine dei medici del Canton Ticino dal 2006 e deputato in Gran Consiglio dal 2011, è alla sua prima esperienza in politica attiva comunale.
 
Quale disturbo pensa di "curare" una volta arrivato al cuore della città?
«Tanti! Anche se prima di curare bisogna saper... ascoltare, che già sarebbe un bel passo in avanti. E se si ascolta la città si avverte subito il rumore del traffico: molti però mettono l'accento sull'accesso di Lugano, ma quello che è cambiato con il Pvp, e sostanzialmente per noi che abitiamo in centro, è che da via Zurigo in giù è un caos, e gli spazi percorribili sono pochi. Oltre a questo, un'altra incertezza che emerge è la percezione della sicurezza: cresce la paura di uscire di casa quando viene buio. La terza cosa palpabile a Lugano è la crisi, e non intendo solo finanziaria, perché sempre più persone, purtroppo, sono in difficoltà. La situazione è estremamente complessa: c'è il trentenne disoccupato o precario, il cinquantenne che perde il posto di lavoro ed è consapevole che difficilmente ne troverà un altro, e una parte importante della popolazione che invecchia. I dati dell'assistenza confermano un aumento del 30% di coloro che necessitano di aiuto. Tutti sintomi di una "malattia" che ha bisogno di una profonda riflessione e di risposte. Se la città avrà forza e impegno, se ci crederà potrà riuscire a guarire da quelle che non sono le preoccupazioni di Franco Denti di Molino Nuovo ma della popolazione. Non dobbiamo dimenticare i nuovi Comuni aggregati che hanno paura di perdere le loro identità e tradizioni. Dobbiamo lavorare insieme, in modo coordinato, ascoltare i luganesi di tutti i "quartieri" e unire le forze per guidare la nostra città sulla via di una crescita sostenibile, riguardosa delle particolarità di ognuno e pronta a sostenere coloro che in un momento particolare della loro esistenza si trovano nel bisogno».
 
Il quadro clinico si mostra... preoccupante. La diagnosi resta favorevole?
«Con le nuove aggregazioni si devono riformare le commissioni di quartiere che devono diventare, forse, commissioni di territorio. E di ciò in campagna elettorale se ne parla poco. Non dico di arrivare al presidente degli arrondissement parigini, ma bisogna chinarsi per individuare un sistema attraverso il quale sia possibile connettersi rapidamente con il Municipio, non solo con l'amministrazione. Una soluzione banale potrebbe essere il mantenimento del segretario comunale nei diversi quartieri. In questo senso sto studiando il modello di Zurigo. Qui insomma stiamo già pensando a un cammino... terapeutico per integrare, salvaguardandole, le peculiarità delle aree un po' discoste che, probabilmente, sono ancora poco ascoltate perché portano pochi voti».
 
A pochi chilometri da Lugano c'è la roccaforte Ppd di Mendrisio. Ancor più vicino l'esempio di Massagno. Come mai il Partito popolare democratico in città rimane una cenerentola?
«È vero, è uno dei motivi che mi hanno spinto a mettermi a disposizione. Per la città di Lugano... è strano. Il Ppd a Lugano fa 2'200 schede. Ora, un partito di lunga tradizione, un partito che nella cintura, nel più piccolo paese, "fa più voti che in città", probabilmente è un partito che ha dei problemi. Da medico, vorrei portare un po' d'ossigeno al Ppd cittadino che, a mio parere, va rinnovato. Sicuramente si è lavorato bene, ma manca di impulso proattivo e di comunicazione sia interna che verso l'esterno. È un partito che nel comunicare con l'esterno rimane un po' staccato da quella componente popolare insita nel suo nome. Bisogna ascoltare la gente, ridurre e contenere il disagio dei meno fortunati e degli esclusi che oggi si avverte. Comunque andrà il 14 aprile, dopo le elezioni, il Ppd a Lugano dovrà ingranare un'altra marcia!».
 
Parlando di potere: il Plr punta a mantenere i suoi tre seggi fra cui il sindacato, la Lega sogna il terzo seggio e qualcosa di più. Il Ppd è più realista e lascia nel cassetto il raddoppio?
«Sono utopista e ottimista. Sei anni fa mi occupai di Casse malati, non mi filò nessuno mentre mettevo in guardia sui premi... Poi tutto il Ticino è venuto a sapere che abbiamo pagato dal 1996 al 2012 premi maggiori del dovuto. Questo è credere nelle cose! Sono tenace e determinato. Vediamo cosa avverte la piazza: disagio, distacco... I partiti avversari poi hanno avuto i loro problemi. È quindi anche possibile che riusciamo nel raddoppio. Sarà un'ardua sfida, però chi lo sa che la gente si orienti verso un partito che oggi per il Municipio ha una lista forte e rappresenta una chiara alternativa. Il nostro è un modo di presentarsi quasi "monacale", sobrio e semplice».
 
La morte di Bignasca potrà influire sul rapporto "privilegiato", come è stato finora, fra Plr e Lega? E il Ppd come intende porsi in questo dualismo?
«Conoscevo Bignasca, come conosco Giudici, anche fuori del contesto politico, quello dell'amicizia. Fra loro c'era quasi un'osmosi, che piaccia o meno... Questo è anche uno dei successi di Lugano. Restano due pensatori, due strateghi, forse gli unici in Ticino... Insieme riuscivano a "fare la chimica giusta" per portare avanti, magari non sempre con le giuste modalità, dei progetti comuni, ma al di là di questo la distanza fra liberali e Lega è grande. In questa situazione il Ppd deve ritrovare il suo côté popolare, raccogliere le tematiche sociali. Per quella che in medicina si chiama elaborazione del lutto, nessuno sa quanto ci vorrà... Può essere che la gente dimentichi in fretta, può darsi che qualcuno abbia interesse a prolungare l'onda emotiva di questa perdita, non lo so... Io so solo che ho perso un amico a cui volevo bene. Sono convinto però che il Ppd a Lugano debba tornare a essere quello che era in passato: un partito popolare. Diverso da quello che è oggi. Qualcuno mi ha anche dato del... "Bignasca educato"».
 
Dal calcio al lago
L'importanza... di chiamarsi Franco
 
Franco Denti, già medico dell'FC Lugano e dell'AC Agno. Sarebbe d'accordo di creare un AS Ticino?
«Se si chiamasse Football Club Lugano, benissimo!».
 
Le è stato dato il nome di Franco in onore del protagonista del "Piccolo mondo antico" di Fogazzaro, romanzo che vede quale sfondo il lago. Di lei ha detto che adora il Ceresio.
«Appena entro in acqua, come dice mia moglie, cambio espressione, mi distendo, mi rilasso, mi svuoto dei pensieri. I luganesi "ceresiani" hanno la cultura del lago ed è una fortuna che siamo in pochi. Se tutti i luganesi condividessero la stessa passione per il lago avremmo grossi problemi di affollamento. Il Ceresio è un angolo di Paradiso. La mia oasi di benessere. Il mio ultimo sguardo alla sera è verso il lago, che mi dà anche un grande senso di libertà».
 
Un accenno al turismo. Crede che la regione di Lugano sia abbastanza valorizzata?
«Egoisticamente parlando... vorrei che Lugano rimanesse tutta per i luganesi! Scherzi a parte, il turismo è un altro dei problemi della città, ma è sicuramente anche una grande opportunità. Credo che Lugano debba uscire da Ticino Turismo. L'ente turistico ticinese è qualcosa che blocca lo sviluppo, non permette nuovi impulsi e il marketing turistico è meglio farlo in casa».
 
Si dice amante della poesia.
«Mi porto in cuore "I poeti lavorano di notte" di Ada Merini che faccio mia variandola in "i dottori lavorano di notte": è psicoterapia a basso costo. Spesso consiglio ai miei pazienti qualche titolo di poesie e qualche libro».
 
E se Lugano fosse una canzone?
«"Eravamo quattro amici al bar" di Gino Paoli, anche perché oggi i bar di Lugano sono sempre un po' vuoti...».
 
Quali sono secondo lei le condizioni ideali per operare bene a Lugano?
«Sono figlio di operai, però con costanza, con impegno e voglia di arrivare, Lugano e il Ticino mi hanno dato la possibilità di realizzare il mio sogno: diventare medico, offrendomi le condizioni migliori di ambiente, scuole, svaghi, servizi e rapporti umani. Oggi le disparità fra la popolazione abbiente e quella meno fortunata sono aumentate e questo mi fa arrabbiare. Io mi batterò affinché le istituzioni, che sia il Comune o il Cantone, garantiscano le pari opportunità, e poi ad ognuno di noi di far valere le proprie qualità e capacità».