Lunedì, 14 Aprile 2014 00:00

Intervento di Franco Denti sull'iniziativa "Diamo voce alla società civile"

Onorevole Presidente,
Onorevoli Consiglieri di Stato,
Care Colleghe e cari colleghi,

l'iniziativa di cui mi sono fatto promotore e che ci apprestiamo a votare quest'oggi tende all'ampliamento degli strumenti di partecipazione diretta dei cittadini ticinesi
alle scelte politiche del Cantone, dei Comuni e dei Patriziati.
Siamo quindi nel campo della democrazia diretta, teatro da sempre di discussioni e talvolta di battaglie ideologiche per la definizione dei suoi confini, con scontri di vedute tra chi lo vorrebbe estendere e chi invece lo vorrebbe limitare a favore della democrazia indiretta.
La proposta in votazione chiede l'inserimento negli ordini giuridici cantonali, comunali e patriziali
della possibilità per 300 cittadini a livello cantonale, rispettivamente per il 5% dei cittadini a livello comunale e patriziale, di inoltrare al Parlamento un'iniziativa costituzionale, legislativa o una mozione e per 75 cittadini, rispettivamente l'1%, di interrogare o interpellare gli esecutivi.
Oggi il cittadino che intende proporre in Ticino una modifica della Costituzione o di una legge
deve raccogliere 10'000 firme, rispettivamente 7'000 in 60 giorni.
A livello comunale e nei patriziati per proporre una modifica legislativa occorre mettere in moto il 15% dei domiciliati, rispettivamente dei patrizi, ritenuto un massimo di 3000 unità.
Altre modalità di intervento per il cittadino non sono previste se non attraverso il diritto di petizione sancito dalla Costituzione federale.
Quest'ultimo strumento, aperto a tutta la popolazione –compresi stranieri e minorenni- non
impone nessun obbligo di trattazione da parte dell'autorità al quale è indirizzato e presenta pertanto degli enormi limiti di efficacia.
Ora, senza nulla togliere all'attuale sistema di partecipazione popolare e in particolare mi riferisco allo strumento dell'iniziativa che, per condurre certe battaglie, si rivela essere un mezzo incisivo e adeguato, esso non è lo strumento ideale e nemmeno si presta a portare all'attenzione delle istituzioni politiche proposte, suggestioni tematiche care ai nostri cittadini garantendo di fatto una vera, concreta e dinamica partecipazione democratica all'attività legislativa e istituzionale.
Se l'iniziativa popolare ai sensi della Legge sui diritti popolari, rispettivamente della Legge organica comunale e della Legge patriziale, si presta a far valere rivendicazioni su ampia scala, promosse da associazioni politiche o di categoria, che possono contare su adeguati mezzi finanziari e organizzativi, capaci di affrontare non solo la fase della raccolta delle firme ma
anche quella successiva della campagna pubblica in vista della votazione popolare, la stessa non è uno strumento adeguato a veicolare la voce dei cittadini "semplici", quelli che, in un qualche modo, vorrebbero interagire con i loro rappresentanti politici, senza doversi confrontare con uno strumento incisivo, drastico e complesso come l'iniziativa popolare e senza dover far uso della petizione, strumento assai debole e inconsistente.
Mi si potrebbe far notare che per questo ci sono i partiti politici, ma, purtroppo, lo sappiamo tutti,
sempre meno persone li frequentano attivamente e comunque non sempre riescono a  interpretare le sensibilità e le esigenze della loro base.
Eppure l'interesse del cittadino a interagire con la classe politica c'è e lo dimostrano anche i
numerosi interventi e click che vengono quotidianamente registrati sui social network inerenti
la politica cantonale e comunale.
Assicurare che questa relazione si possa concretizzare anche nella vita reale credo sia un passo nella giusta direzione e sono convinto che i nostri concittadini ne farebbero buon uso; quanto
a noi politici un maggior coinvolgimento della società civile nei nostri affari non potrebbe che migliorare la qualità del nostro impegno, tenendoci sul chi vive, con ottime conseguenze,
ne sono certo, anche sulla nostra creatività e produttività.
In poche parole con l'iniziativa in discussione si vuole creare una corsia, un canale, un punto di contatto tra cittadini e autorità affinché i primi possano interagire con facilità con le seconde
e queste ultime possano confrontarsi maggiormente con le realtà cui devono rendere conto.
Crediamo che questi nuovi strumenti a uso del cittadino, siano la risposta, o comunque parte della risposta, al problema dello scollamento cittadino/autorità più volte lamentato da tutte le forze partitiche e politiche.
Veniamo ora alle censure che sono state sollevate dal Consiglio di Stato nel suo Messaggio 6879 del 20 novembre 2013 e dal Rapporto di maggioranza della Commissione speciale Costituzione e diritti politici del 27 febbraio 2014.
Ve ne sono principalmente di due tipi.
Le prime mettono in discussione il principio stesso dell'estensione dei diritti popolari considerando che quelli attualmente a disposizione sono più che sufficienti a garantire la partecipazione dei cittadini all'attività politica.
Non sono d'accordo: non esiste in Ticino alcuno strumento che permetta a un gruppo di cittadini di modeste dimensioni come possono essere i movimenti giovanili o le associazioni di anziani,
di interagire facilmente con i suoi rappresentanti politici.
Se quello che più si avvicina al risultato sperato è l'iniziativa, l'abbiamo visto, la stessa non si presta alla casistica cui mi riferisco.
Il problema non si risolve neppure abbassando il numero delle firme che occorre presentare per formulare un'iniziativa,  così come proposto, superficialmente, dal rapporto di maggioranza
che, a mio avviso, ha confuso il burro con la ferrovia!
La soluzione proposta dalla maggioranza della commissione, oltre a non dare una risposta al problema in discussione, è pericolosa perché favorirebbe un uso improprio dell'iniziativa popolare generando costi eccessivi per lo Stato al quale incombe l'organizzazione delle votazioni popolari.
Per quanto attiene al timore manifestato di veder aumentare in maniera incontrollata il numero di oggetti da trattare con conseguente aumento del lavoro nei legislativi e negli esecutivi,
non credo si tratti di preoccupazioni fondate, quanto piuttosto di critiche stereotipate, che non meritano tutela.
Nei cantoni che prevedono strumenti popolari simili a quelli in discussione non si riscontra nessun intasamento dell'attività politica, anzi!
Ricevere risposte è un diritto sacrosanto dei cittadini.
Fornirle un dovere delle autorità.
Fornirle in fretta e bene un obiettivo importante da perseguire.
Il secondo tipo di censure è procedurale.
Mi si rimprovera di non aver previsto regole precise sulla procedura da seguire per la messa in pratica degli strumenti proposti.
Vi chiedo cari colleghi di non lasciarvi influenzare da falsi problemi, creati ad arte per distogliere l'attenzione dal punto cruciale: volere o non volere l'estensione dei diritti popolari.
Volere o non volere un maggiore coinvolgimento del cittadino nella politica attiva del Cantone e dei Comuni.
Per il resto ulteriori termini e condizioni se necessario potranno venir precisati in seguito mediante normative ad hoc o con l'applicazione analoga delle disposizioni in vigore per
i diritti popolari già esistenti.
Consentitemi, prima di concludere, un'ultima considerazione.
Con riferimento alla mia iniziativa si parla di estendere i diritti democratici, e è proprio di questo
che si tratta.
Lo si propone però in modo diverso e innovativo, favorendo in particolare l'azione dei Legislativi
e la loro centralità nel contesto istituzionale.
Se infatti le attuali forme di iniziativa costituzionale e legislativa, così come i referendum
costituiscono di fatto un'arma per permettere ai cittadini di "scavalcare" i Parlamenti, gli
strumenti promossi dalla mia iniziativa non portano a cortocircuitare il Gran Consiglio e  i Consigli comunali ma piuttosto a offrire alle cittadine e ai cittadini un'occasione per inserire nel circuito parlamentare le loro proposte.
In questo modo non solo viene rispettata la centralità del Parlamento, ma viene rafforzata, così come viene di conseguenza ridotta la distanza fra il cittadino e le istituzioni.
In conclusione vi chiedo care colleghe e cari colleghi di dare una chance a questa iniziativa
riflettendo seriamente sull'opportunità di prevedere anche in Ticino un mezzo efficace per coinvolgere la popolazione nella vita politica, senza temere di perdere delle prerogative,
ma semmai con la convinzione che più voci facilitano la ricerca della soluzione migliore.
Franco Denti