Lunedì, 19 Settembre 2016 08:07

Questo cantone é in crisi profonda, non solo economica. L'intervento in GC.

MANOVRA DI RIENTRO DA 185 MILIONI
Titolo altisonante, ridondante che ha fatto scrivere chilometri di inchiostro, occupato diverse ore televisive e di dibattito ma che in sostanza vuol dire ridurre del 5% le uscite dello Stato, operazione che in ogni economia domestica, piccole, medie e grandi imprese non meriterebbe grandi attenzioni.

C’E’ LA CRISI!
È vero siamo in crisi, questo Cantone è in crisi non soltanto economica ma sta vivendo una crisi profonda, sanitaria, sociale, politica.
Crisi, è sempre tempo di crisi. Economica, sociale, sanitaria, politica, istituzionale.
Crisi, dal greco antico: ‘scelta’. Quand’è che non si è costretti a scegliere? Se non scegli, qualcun altro sceglierà al posto tuo. Se non scegli, sarai scelto. Nell’alternativa, c’è il senso più profondo e dinamico della crisi. Quante volte si sente dire: «Bisogna saper cogliere questa crisi come occasione di…» e poi si aggiunga a piacere: cambiamento, miglioramento, crescita, ripresa, riscatto, ecc.
Queste sono parole nel vuoto con le quali spesso si vogliono nascondere delle verità ben più profonde.

Se non scegli qualcuno sceglierà al posto tuo
Il cittadino ticinese non è più in grado di scegliere, non gli viene più data la possibilità di scegliere.
Noi, politici e rappresentanti della volontà popolare, ci dimentichiamo del peso che portiamo, delle responsabilità che siamo chiamati ad affrontare, delle ripercussioni delle nostre decisioni. Ripercussioni pratiche, tangibili, concrete che vedo quotidianamente nel mio studio, nella mia attività di medico di famiglia.
I miei pazienti mi raccontano sempre più di situazioni sempre più critiche: dal giovane che ha terminato gli studi o l’apprendistato, che ha esaurito le sue indennità di disoccupazione e che vive a carico dell’assistenza, lavoratori che vivono quotidianamente il mobbing, la pressione sul posto di lavoro, la minaccia sempre meno velata di licenziamento e di sostituzione, di figli del baby-boom oggi ultra 50enni che perdono quotidianamente posti di lavoro ben pagati e che hanno la consapevolezza di non più trovarne un altro anche a minor salario, di anziani che fanno sempre più fatica ad arrivare alla fine del mese dopo una vita di lavoro, di giovani donne con figli che non percepiscono gli alimenti dall’ex marito, e la lista potrebbe continuare all’infinito.
Io a queste persone devo poter dare ancora delle risposte, come medico e come deputato. Devo poter ancora dare delle scelte. Ma come?

La crisi del dibattito politico
Il cittadino è a volte confuso, il dibattito politico è accesso, al limite dell’educazione e a volte poco rispettoso. Quello che forse era solo una percezione della crisi dei partiti ora è diventata certezza, situazioni in cui non si ascolta per rispondere ma solo per smentire, di espulsioni e di intolleranza sono all’ordine del giorno.
L’identità di un partito passa attraverso la propria storia, ma la storia va assunta per essere superata e ripensata al di là dell’arroccamento boriano e settario.
L’arte del dibattito democratico sembra perdere seguaci, il contradditorio è una perdita di tempo. Tutto, anche la politica, è diventato show, anche nel nostro Ticino. Si cerca il gossip, l’apparire, l’essere presente a tutti i costi, si è tornati al concetto (o forse non si è mai abbondonato…) del “parlar male o parlar bene l’importante è parlarne”. Il protagonismo è l’obiettivo di alcuni, e al cittadino protagonista della nostra società chi ci pensa? L’onestà intellettuale è ormai un concetto perso?

La crisi dei media
Il cittadino si informa come può e la RSI è certamente una tra le fonti di maggior presa. “Lo ha detto la tele, lo ha detto la radio” ha ancora il sapore della verità assoluta. Quella RSI accusata dai propri collaboratori di scelte poco trasparenti e di licenziamenti ingiustificati e alle cui dipendenze vi sono giornalisti che non ascoltano (non devono ascoltare?) che soprassiedono ad affermazioni che meriterebbero perlomeno degli approfondimenti.
Senza dimenticare il recente servizio su Maria Teresa di Calcutta. Sono state presentate solo le critiche e il lato oscuro di una donna, spendendo pochissime parole su quanto di positivo ha cercato di fare nella sua esistenza e dimenticando quanto l’intera comunità internazionale le ha riconosciuto in vita. E questo indipendentemente dall’essere credenti o meno.

La crisi morale
Dietro la crisi economica, anche nel nostro Cantone, si annida una profonda crisi morale che riguarda anche il nostro rapporto con i beni e gli stili di vita.
Si rende necessario un vero ripensamento dei valori che ispirano la nostra società. Nella società civile di oggi va ricercato un nuovo equilibrio, l’interesse personale (il self-interest dell’economia politica classica) e il bene comune.
L’interesse è legittimo, anzi è spesso il motore necessario per le attività economiche, ma va armonizzato con altre esigenze come la dignità delle altre persone e la convivenza in una società buona.
-    Per uscire da questa crisi una delle parole chiave è “responsabilità”. È necessario tornare a valorizzare la relazione responsabile tra le persone. I beni relazionali vanno considerati come più importanti, in quanto sono determinanti per la nostra qualità di vita.
-    La seconda parola chiave è “lavoro”. Non solo il lavoro che non c’è o che è sottoposto a dumping salariale ma dobbiamo essere consapevoli che è in atto una rivoluzione silenziosa epocale, che sta cambiando il rapporto tra tempo di lavoro e tempo di vita.
La tripartizione tipica della modernità: studio-lavoro-pensione va ripensata e complessificata.
-    La terza parola è “regole”, tuti invochiamo nuove regole per uscire dalla crisi, ma con la cosiddetta globalizzazione non è più chiaro chi gioca, che scrive le regole e che fa l’arbitro. Infine, non dobbiamo dimenticare che le regole non sono mai neutrali.

La manovra proposta da Governo non risolve nulla: si continuano a proporre pacchetti di misure con cui si va a raschiare il fondo del barile, ma senza una visione sul futuro di questo Cantone, senza misure che permettano di affrontare in modo duraturo importanti sfide come quelle legate all’aumento dei costi della salute, all’invecchiamento della popolazione, al lavoro e all’incremento dei casi di assistenza.
 
Per le ragioni che precedono, per i Verdi la manovra in sé è da rigettare senza controprogetto.
Per scrupolo di analisi vi sottoponiamo le considerazioni critiche su singoli provvedimenti di competenza del Gran Consiglio.

Il reddito disponibile residuale è da intendere come il reddito disponibile dell'unità di riferimento al momento dell'inoltro della richiesta.
Si ottiene sottraendo dalla somma dei redditi computabili (redditi da lavoro, rendite ecc.) la somma delle spese computabili (spesa per l'alloggio, oneri AVS/AI/IPG ecc).
La prestazione sociale scatta solo se il reddito disponibile residuale ottenuto si situa al di sotto della soglia di reddito.
La soglia di reddito viene definita attraverso le scale di equivalenza.

Per il dettaglio a chi è interessato rimando alla lettura del nostro rapporto.
 
Attualmente la soglia d’intervento Laps richiama le disposizioni previste dalla legislazione federale sulle prestazioni complementari all'AVS e all'AI.
Secondo il Governo, l’attuale riferimento nella Laps alle disposizioni valevoli per le prestazioni complementari AVS/AI porrebbe "alcuni problemi, poiché la tipologia dei beneficiari è differente".
Quali sono questi problemi?
Il Messaggio non lo dice e resta molto sul vago, proprio perché l'obiettivo non è una maggiore equità, come artificiosamente si dice spesso, ma il risparmio puro e semplice.
Si limita a dire, laconicamente, il Governo: "Tuttavia il divario attuale e la progressione prevista dalla Laps a partire dalla seconda e successiva persona devono essere riviste al fine di mantenere sia una coerenza interna tra le prestazioni sociali cantonali, sia per tenere conto degli studi recenti elaborati a livello nazionale sul costo dei figli".
Circumnavigazione con parole: ma cosa significa ciò?
Non è dato di sapere.
In Ticino poi fino a ieri il riferimento alla prestazione complementare per le scale di equivalenza era considerato la quintessenza dell'equità (si veda il Messaggio della Laps).
Oggi si abbandona il tutto in fretta e furia sull'altare del risparmismo.

Il Consiglio di Stato padrone del vapore
Nella manovra il Governo chiede poi che la competenza di determinare i limiti Laps deve essere conferita al Consiglio di Stato.
Motivazione: perché "ciò consentirebbe all’Esecutivo di disporre di un maggior margine di manovra in termini finanziari".
Questa la verità sostanziale è l’unico vero scopo dell'operazione.
Però questa verità è molto nascosta nel Messaggio.
Evidente che ogni anno il Governo ridurrà gli effetti della scala di equivalenza a fini di risparmio; e ciò senza più passare dal Parlamento.
Questa cambiale in bianco è ancora peggio della riduzione in sé proposta nel Messaggio!
E non è finita qui.
Nel contempo, sempre - testualmente - "allo scopo di consentire al Consiglio di Stato di disporre di un maggior margine di manovra in termini finanziari", anche per gli importi massimi di assegno integrativo si prevede di introdurre la delega al Consiglio di Stato tramite il (nuovo) art. 49 cpv. 3 Laf.
Altra cambiale in bianco insostenibile.

L'obiettivo dichiarato
Questa modifica consente un risparmio lordo di 6.3 milioni per il Cantone, segnatamente con la riduzione della spesa per assegni integrativi e di prima infanzia.

L'alternativa almeno politically correct
Come ricordato in precedenza, se l'obiettivo è quello del risparmio - e questo vale per chi lo vuole raggiungere ad ogni costo, non per il Gruppo dei Verdi - molto più corretto, politicamente, sarebbe l’introduzione di coefficienti di riduzione delle prestazioni a motivo dello stato delle finanze del Cantone (moltiplicatori in negativo [<100%]).
Si tratterebbe di un discorso più onesto nei confronti della popolazione, in luogo di agire nell’ombra e con motivazioni contorte.

Aumento parziale delle due costanti che definiscono il reddito disponibile massimo nella Ripam ordinaria
Di nuovo si prospettano misure di contenimento a livello di questa prestazione sociale primaria; decisamente la più tartassata nel recente passato.
Con l’aggravante, infastidente, di proclami sulla maggior equità del sistema.
Si tratta di misure di risparmio che peseranno fortemente, e di nuovo, soprattutto sul ceto medio-inferiore.
Inaccettabile l'interpretazione seguente:
"In particolare, la scorsa legislatura è stata quindi caratterizzata da un rilevante intervento sull’evoluzione della spesa per la riduzione dei premi nell’assicurazione malattia obbligatoria. La riforma, entrata in vigore nel 2015 e presentata dal Consiglio di Stato con il Messaggio n. 6982 del 10 settembre 2014, ha migliorato il modello Ripam, garantendo coerenza al sistema in termini di politica sociale grazie a una maggiore equità e a un intervento mirato."
Corretta nell’impostazione appare per contro la citazione seguente contenuta nel messaggio, da cui traspare la portata del risparmio di cui alla manovra RP 2015:
"all’esame dei contributi per la riduzione dei premi dell’assicurazione malattia (pista di azione 5.3.1), che ha condotto a una prima proposta di modifica Ripam con una riduzione della spesa stimata in 14.5 milioni di franchi (Messaggio n. 6851, approvato dal GC il 25 novembre 2013, ma respinto in votazione popolare il 19 maggio 2014), a uno studio affidato alla SUPSI per valutare l’efficacia del nuovo sistema di sussidiamento in base al criterio del reddito disponibile e a una seconda proposta di riforma strutturale (Messaggio n. 6982, approvato il 3 novembre 2014), che ha infine permesso un effetto positivo sui conti del Cantone stimato in 19.3 milioni di franchi;"
In realtà si è trattato solo di un intervento con finalità risparmistiche, che hanno determinato effetti dolorosi per il ceto medio-inferiore.
Quelle ulteriormente previste in questa manovra sono solo di misure di risparmio ulteriori, apportate a un sistema opaco per l’utente farraginoso, disordinato e confuso nella metodologia e nelle procedure.
È assolutamente inutile mantenere un sistema amministrativo complicato e poi arrivare alla conclusione che non si possono garantire finanziariamente le risultanze calcolatorie ottenute.
Siccome l’indirizzo è quello di ridurre gli importi di riduzione premi a ogni manovra finanziaria, si passi senza indugio ad un sistema di corresponsione più trasparente verso il cittadino e decisamente meno macchinoso nei meccanismi applicativi.
Il sistema corrente è da cambiare radicalmente e senza indugio, indipendentemente dalle conclusioni, del resto scontate, del (o dei) rapporto/i Supsi.
Anche qui i dettagli possono essere approfonditi nel nostro rapporto.
 
Se si intende porre a 7'000 il limite di accesso alla riduzione premi, in luogo di 10'000, la decurtazione non avviene solo sulla fascia tra 7'001 e 10'000, ma tutte le fasce, anche quelle basse, ne sono toccate.
E in maggior misura lo sono quelle appartenenti al ceto medio-basso.
Cosa che è avvenuta con la manovra RP 2015!
Del resto era evidente che se la manovra in votazione, e respinta in voto popolare, rappresentava un risparmio di CHF 14.5 Mio, una di 19.3 Mio crea maggiori incidenze sociali.
Peccato che il Parlamento non abbia voluto soppesare in modo più incisivo questo aspetto in sede di dibattimento sul Messaggio n. 6982 (riforma RP 2015).
La modifica delle scale di equivaleza LAPS ha effetti diretti anche sulla riduzione premi.
Anche se l’entrata in vigore della modifica delle scale di conversione LAPS sulla RP sarà posticipata al 2018, la misura è da rigettare in quanto di fatto costituisce una riduzione degli importi soggettivi di RP dal 2018.

Esemplare per macchinosità, appare la modifica legislativa proposta e di seguito ripresa:
Art. 32a cpv. 2 e 3
2Per le unità di riferimento senza figli, il reddito disponibile massimo è definito come segue:
RDM = costante del 3.2 x 50% del limite di fabbisogno, senza computo della pigione, ai sensi della legge sull’armonizzazione e il coordinamento delle prestazioni sociali (Laps) del 5 giugno 2000 applicabile all’unità di riferimento.
3Per le unità di riferimento con figli, il reddito disponibile massimo è definito come segue:
RDM = [ costante del 4.5 + (1 - (n. figli) / 10) ] x 50% del limite di fabbisogno, senza computo della pigione, ai sensi della legge sull’armonizzazione e il coordinamento delle prestazioni sociali (Laps) del 5 giugno 2000 applicabile all’unità di riferimento.
Proprio queste conseguenze sono da abolire attraverso l’invocazione di un sistema di attribuzione della RP più semplice e soprattutto maggiormente trasparente verso il cittadino beneficiario.
Parimenti da rigettare la controproposta contenuta nel Rapporto di maggioranza (pag. 9):
"Per questa ragione si propone da un lato di introdurre per il calcolo del premio medio di riferimento una ponderazione maggiore dei modelli di assicurazione che garantiscono le medesime prestazioni a un costo inferiore con l’indicazione di verificare regolarmente se vi sono modelli più efficienti che debbano essere adottati per tale calcolo del premio medio di riferimento.
I modelli alternativi LAMal sono poco controllabili, non uniformi da un assicuratore all'altro, contengono limitazioni anche pesanti per l'accesso alle cure, di modo che non possono essere sottoscritti da assicurati anziani o malati, e sovente sono contraddistinti da premi dumping (come già successo addirittura con il metodo assicurativo medico di famiglia).
L'esortazione che segue, proposta nel Rapporto di maggioranza, può essere seguita:
"Dall’altro lato si chiede al Governo di agire ancora verso la Confederazione per modificare il sistema dei sussidi per i beneficiari di prestazioni complementari AVS e AI."
Con un solo richiamo.
La soluzione in vigore oggi nel Cantone Ticino potrebbe essere contraria al diritto federale vigente e prevalente.
Potrebbe bastare quindi un ricorso per far cadere il tutto?

L-rilocc: abolizione art. 10 per l’indennità straordinarie di disoccupazione
L’art. 10 L-rilocc (Legge sul rilancio dell’occupazione e sul sostegno ai disoccupati), introdotto nell’ultima revisione della Legge sul rilancio dell’occupazione, prevede il riconoscimento di 120 indennità straordinarie di disoccupazione alle persone che esauriscono il diritto alle indennità di disoccupazione previste dalla LADI (Legge sull’assicurazione contro la disoccupazione), e sono subordinati ai criteri di reddito stabiliti dalla LAPS (Legge sull’armonizzazione delle prestazioni sociali).
La disposizione appare utile in un momento in cui tutte le misure contro la disoccupazione hanno registrato contrazioni.
E le spiegazioni del Consiglio di Stato non appaiono convincenti, in quanto si tratta di precipitare in tempi anticipati persone senza lavoro in assistenza sociale; ossia in un ambito socialmente ben più stigmatizzante.
Per queste ragioni la misura proposta è da rigettare.
 
Le micromisure paradossali e gli effetti collaterali
Si colpisce la parte socialmente debole
La manovra prevede misure socialmente pesanti che vanno ad incidere anche su situazioni delicatissime:
•    aumento della retta per collocamento di invalidi (motivata dal fatto che è un pezzo che non aumenta!);
•    aumento della spesa per la frequentazione di laboratori protetti e centri diurni per invalidi;
•    tassa per la richiesta di permesso di parcheggio di invalidi (che non dà comunque diritto alla gratuità di parcheggio, ma solo al diritto di usufruire dei posteggi larghi).
Gli aggravi per il monitoraggio
Per le micromisure verrà istituito un copioso organismo di monitoraggio:
"Allo scopo di garantire un effettivo raggiungimento degli obiettivi finanziari che il Governo si è posto, verrà istituito uno specifico gruppo di lavoro, composto da un rappresentante di tutti i Dipartimenti, che avrà il compito di monitorare l’andamento del pacchetto di risanamento. Il Gruppo di lavoro dovrà verificare sia l’effettiva implementazione sia l’efficacia delle misure della manovra, in particolare per quanto riguarda il reale impatto finanziario nei conti del Cantone."
Con i costi che ne derivano!
 
Conclusioni
Le rivalutazioni dei valori di stima senza airbag sociali e le misure sociali sono tutte da rigettare di principio per impatto negativo sulle fasce deboli di popolazione.
La manovra di per sé, priva di logica nel suo insieme e con finalità risparmistiche del momento, che richiama altre manovre di questa natura in futuro, è da rigettare come metodologia non adeguata per il controllo, e il risanamento strutturale, delle finanze dello Stato.
Se il 60 % dei residenti non paga le imposte o poco o nulla non si può rimanere silenti, aumentare il salario ai ceti bassi è l’unica risposta sensata a quel 60% di gente che lavora ma che figura nei working poor. La salvaguardia del mercato del lavoro (9 febbraio, prima i nostri) e il reddito di cittadinanza devono essere la priorità.
Infine si deve ragionare sul lungo periodo, in un mondo politico privo di proposte proprio nei prossimi giorni potremmo dare una svolta positiva accettando la nostra iniziativa popolare «Per un’economia sostenibile ed efficiente in materia di gestione delle risorse (economia verde)».
Produrre energia rinnovabile e locale e riciclare ed essere efficienti fa bene alla bilancia economica dello Stato, favorisce il mercato interno e crea lavoro.
E questo lo diciamo a chi, in questo periodo storico sta combattendo per l’iniziativa economia verde e la svolta energetica.
A livello cantonale speriamo che dal Tavolo dell’economia ticinese promosso dall’on. Vitta giunga qualche idea contemporaneamente invitiamo l’on. Beltraminelli a pensare a quei passi che possono permettere la messa in atto di una riforma dello stato sociale ticinese.

Franco Denti