Lunedì, 06 Gennaio 2020 08:55

Medico di famiglia quo vadis? - Azione

Sanità - A colloquio con il presidente dell’Ordine dei medici del Canton Ticino
 
Il medico di famiglia dovrebbe conoscere a fondo la persona che gli si pone dinanzi, considerandola in tutte le sfumature della sua vita perché è qualcuno che gli si rivolge per essere aiutato a risolvere un problema di salute, al di là dei protocolli medici e della burocrazia sanitaria che oggi fanno riflettere sempre di più sulla direzione di questa professione.

Se ne parla sempre di più, forse a causa dell’evoluzione di questo ruolo, un tempo attribuito al medico generalista che, insieme al pediatra e al ginecologo (e al parroco) di paese, definiva in modo inequivocabile il punto di riferimento di tutta la comunità. Le ultime novità, in ordine di tempo, riguardano la creazione di una rete medica che raggruppa un certo numero di medici di famiglia attivi in Ticino, che promette di riservare una particolare attenzione all’economicità delle cure. «MedX, la prima rete di medici di famiglia nata in Ticino secondo modelli già esistenti nel resto della Svizzera, volta a garantire una medicina di famiglia di alta qualità, riducendone i costi», così l’ha presentata il dottor Christian Garzoni, uno dei soci fondatori. (v. «Azione» dell’11.11.2019). Poi, lo scorso dicembre, il Consiglio di Stato ticinese ha approvato il credito del programma di finanziamento per l’assistentato in ambulatorio medico privato di medicina interna generale. Ciò dovrebbe rappresentare un sostegno concreto alla categoria perché rafforzerebbe le sue risorse attive sul territorio con particolare attenzione agli studi medici di periferia: è un progetto di cinque anni per cinque posti all’anno a tempo pieno di medici assistenti in formazione post-diploma, retribuito al 60 per cento dal Cantone e al restante 40 per cento dal medico formatore che potrebbe assumere definitivamente il collega, soddisfacendo così la strategia di continuità, distribuzione periferica e rotazione dei medici di famiglia.

Perché si discuta tanto e quale sia il beneficio dell’insorgenza di queste reti attente alla paventata ineconomicità delle cure, lo abbiamo chiesto al presidente dell’Ordine dei medici del Ticino dottor Franco Denti, che si dice innanzitutto soddisfatto della recente decisione del Consiglio di Stato: «Un passo che dovrebbe rappresentare un sostegno concreto alla categoria perché rafforzerebbe le risorse attive sul territorio con particolare attenzione agli studi medici di periferia». In merito alla neonata rete: «Bisogna considerarla una forma di Managed care perché il termine MedX definisce un prodotto assicurativo di Helsana (uno dei tanti modelli di medico di famiglia), mentre questa è una Società Anonima (FAMedNET SA) i cui medici del Consiglio di amministrazione sono regolarmente iscritti sul Registro di Commercio e fanno capo ai servizi della MedSolution AG che coordina le reti svizzere».

Ciò che dà pensiero al nostro interlocutore è il lato economico del discorso che pare allontanarsi dalla missione medica: «Ogni medico deve poter esercitare a favore di una sanità d’eccellenza, con il paziente in primo piano, senza diventare un burocrate o un economista, ed è corretto sia retribuito adeguatamente e senza balzelli per la sua prestazione intellettuale». Egli respinge pure l’idea secondo la quale la categoria sia «in caduta libera» («ragione addotta dai Managed care»): «È falso, perché oggi molti giovani studenti di medicina stanno rivalutando il proprio interesse nei confronti del ruolo di medico di famiglia, e sono certo che i medici di famiglia già attivi ripeterebbero la propria scelta senza remore. Non possiamo ignorare i costi, ma sarebbe ingenuo pensare che la creazione di queste reti sia la soluzione per contenerli, perché da quando sono in vigore nulla è migliorato. Per contro, oggi il ricambio generazionale e la copertura delle zone periferiche sono favorite dalla creazione di posti di stage negli studi medici e questo sarà il futuro di una migliore politica sanitaria attenta pure all’economicità delle cure».
 
Il medico dovrebbe poter curare i propri pazienti secondo coscienza, conoscenza e arte medica, e invece si trova sempre di più la calcolatrice fra le mani, manco fosse incauto o disonesto nella scelta terapeutica: «Nella sanità il medico deve fare tutto ciò che ritiene ragionevole per curare adeguatamente i propri pazienti. Noi medici abbiamo imparato che esiste una razionalità economica e siamo coscienti dell’aumento delle spese sanitarie (bisogna saper interpretare i dati che danno 32 miliardi di spese a carico della Lamal, non gli 82 che comprendono le assicurazioni complementari, perdita di guadagno, assicurazione militare, assicurazione invalidità…). E invece l’economia sanitaria pare non riesca a considerare adeguatamente il compito curante del medico».
Nella sua analisi non le manda a dire, cosciente che razionalità medica e razionalità economica dovrebbero poter interagire: «Il come, resta un problema!». Curare meno, non curare o curare male non è la via corretta e secondo lui non lo sono nemmeno le reti Managed care: «Creare reti non è la soluzione per l’ineconomicità, ripeto, perché il medico possiede già una razionalità economica sulla quale le assicurazioni malattia sanno vigilare». È il preludio a un pensiero culturale più ampio: «Con un ritorno alla visione oligarchica, il medico di famiglia dovrà consolidare il proprio ruolo di collegamento tra il paziente e una medicina sempre più frammentata e specializzata: è la vera strada verso il contenimento effettivo dei costi che non andrebbe a intaccare la sacralità della qualità e della sicurezza che lo studio medico deve sempre poter assicurare».

E ribadisce: «Le reti Managed care aumentano per contro la burocrazia e neppure il sistema di sconti a vasi comunicanti è la strada: i medici di famiglia devono avere un ruolo ben definito nella gerarchia della sanità, perché si giunge alla qualità delle cure solo attraverso la pratica coscienziosa della materia medica, l’accompagnamento del paziente e la sua profonda conoscenza». Chiediamo lumi sulla tendenza crescente che vede la nascita dei cosiddetti centri medici, a raggruppare differenti professionisti: «Si tratta di centri a cui capo sta un investitore che stipendia i medici aderenti che diventano impiegati con orari d’ufficio e, come nel terziario, sono foraggiati con incentivi in base agli obiettivi da raggiungere». Egli pensa che la regola dovrebbe essere quella in vigore per gli avvocati: «Soltanto i medici possono essere proprietari e gestire uno studio medico, sia esso individuale sia di gruppo. Solo così sarebbero adeguatamente garantite la necessaria indipendenza e tutela del segreto medico».

Secondo Denti il futuro del medico di famiglia risiede nella politica cantonale di creazione dei posti di stage per i giovani medici. Un futuro, conclude: «Dove invece di continuare a parlare di costi, si promuoverà la sanità nella sua qualità!».