Sabato, 29 Febbraio 2020 22:28

«Contenere il contagio, in chiesa come altrove» - Catholica

Coronavirus: Il dr. Denti sulle misure diffuse dal vescovo in Diocesi
 
La situazione in Ticino, sul fronte coronavirus, è in costante evoluzione.
Nella Diocesi di Lugano, in accordo con il medico cantonale e le autorità, sono state predisposte diverse misure di prevenzione relative alle celebrazioni liturgiche. Le tre principali che riguardano i fedeli sono la sospensione
del segno della pace a Messa, lo svuotamento dell’acqua delle acquasantiere e l’obbligo di ricevere la comunione in mano e non in bocca.
Al momento in cui andiamo in stampa, venerdì 28 febbraio alle 12, sono queste. Consigliamo, vista l’evoluzione costante di queste ore, di seguire eventuali aggiornamenti in materia sul sito della diocesi e su catt.ch.
 
Chiediamo al dottor Franco Denti, presidente dell’Ordine dei Medici del Canton Ticino, di spiegarci l’importanza di queste misure preventive.
 
Dottor Denti, ci può spiegare l’importanza di attenersi a queste e a eventuali future disposizioni, dovessero esserci, per le parrocchie della Diocesi di Lugano?
«Sono tutte misure che rappresentano il contributo della Chiesa locale al contenimento del contagio, a partire da quella più semplice che è il lavarsi le mani per un minuto, con il sapone per certi gesti liturgici.
Una persona può contagiare un’altra tossendo e starnutendo; con contatti diretti personali, come toccare o stringere la mano e portarla agli occhi, magari per strofinarli. Lo stesso vale per bagnarsi con l’acqua dell’acquasantiera, magari precedentemente toccata da una persona infetta. In questo momento, senza mettere in discussione fede e devozione dei credenti, si devono rispettare le indicazioni degli esperti che il vescovo ha ripreso».
 
In parrocchia o nei gruppi ecclesiali come in altri ambiti non c’è solo la Messa ma si fanno altri incontri: dal gruppo di preghiera, alla conferenza, al ritiro spirituale e via dicendo. Quali avvertenze può suggerire a organizzatori e partecipanti?
«Bisogna ribadire due cose fondamentali: chi ha sintomi influenzali o parainfluenzali, a partire dal singolo raffreddore anche solo con un po’ di tosse, non vada a quell’incontro e poi verifichi come evolve il suo stato: se nell’arco di un paio di giorni comincia a comparire la febbre alta, contatti il suo medico. Quindi: un partecipante che non si sente bene, stia a casa. L’altra misura sarebbe quella di mantenere una distanza di più di due metri tra una persona e l’altra. Il
virus si trasmette per stretto contatto (meno di 2 metri per almeno 15 minuti) con una persona contagiosa».
 
I vescovi di Lombardia e Veneto per ridurre la trasmissione del virus hanno sospeso tutte le Messe.
 
Lei come valuta, in un contesto italiano per ora diverso rispetto al nostro, le decisioni di questi vescovi e le ragioni che possono averle indotte?
«La soluzione che hanno preso in Italia è giusta: evitare gli assembramenti per fare in modo che la diffusione del contagio non cresca in modo esponenziale. Faccio un esempio: se tra 3 o 4 persone ne abbiamo una che negli ultimi 10 giorni ha frequentato il paziente malato, è sintomatica e quindi si mette a tossire, in questo modo può contagiare gli altri. Poi non è detto che tutti i presenti si ammalino e come si ammalino (poco o tanto), ma per evitare la diffusione del virus, l’isolamento è la soluzione che una buona parte di medici identifica essere la migliore. Questa è al momento l’unica cura che esiste per questa influenza».