Lunedì, 04 Maggio 2020 06:55

Coronavirus in Ticino, Denti: "Non manderei i miei figli a scuola e consiglio ai miei pazienti di non mandare i loro" - Liberatv.ch

Il presidente dell'Ordine dei medici: "Da Lugano-Locarno e dai docenti proposte molto più sagge. Da Bertoli un modello scriteriato che è più pesante della corazzata Potemkin. Spero ancora in un compromesso"
 
Franco Denti, il tema della riapertura delle scuole dell’obbligo l’11 maggio continua a tenere banco nel dibattito pubblico. Il Consiglio di Stato la settimana scorsa ha sposato la linea del DECS, emanando una direttiva che ha spaccato l’opinione pubblica e ha incassato il “no” di Lugano e Locarno. Cosa ne pensa?
“Il Consiglio Federale ha delegato ai Cantoni questo tema, dicendo loro di fare quello che meglio credono. La proposta dell’onorevole Bertoli onestamente è complessa, si vede proprio che è una cosa fatta a tavolino senza tener conto della realtà quotidiana delle scuole. Io avrei ascoltato molto di più gli insegnanti: le molte prese di posizioni di questi giorni mi paiono assai ragionevoli.Condivido anche la linea di Lugano e Locarno. La proposta di mandare a scuola solo gli allievi di fine ciclo, oltre a minimizzare i rischi sanitari, permetterebbe anche di sperimentare correttamente le misure che si sono pensate per gli allievi. Aprire tutto insieme, come proposto dal DECS, è invece scriteriato. Per 13 giorni si scuole elementari è stato messo in piedi un modello che è più pesante della corazzata Potemkin”.
 
Spera ancora in un compromesso?
“Lo spero vivamente. In un Paese democratico, dove c’è un confronto con le parti, si ascolta. Invito l’onorevole Bertoli ad ascoltare i suoi docenti che mi pare abbiano fatto proposte molto più sagge e pragmatiche dei suoi modelli campati un po’ per aria”
 
Alla decisione sulle scuole si è arrivati dopo un lungo dibattito sanitario. A livello svizzero e ticinese ci sono molti esperti che affermano che i bambini sono poco o per nulla contagiosi ed altri che affermano l’esatto contrario. Come ci si orienta in questa confusione?
“L’unico dato sicuro è che i bambini possono contrarre il Coronavirus e quindi essere contagiosi. Quanto sia il grado di contagiosità è una domanda aperta. Basta, la discussione finisce lì. Io sono prudente e preferisco non fare esperimenti per dimostrare quanto sono contagiosi i bambini. Quindi cerchiamo di tenerli quanto più possibile lontano dai docenti e dai nonni”
 
Meglio che l’esperimento lo facciano nel resto della Svizzera, dice lei.
“Hanno usato il Ticino per sperimentare come si contiene uno tsunami infettivo, a questo giro possono sperimentare loro per primi”.
 
Lei, se li avesse, manderebbe i suoi figli a scuola l’11 maggio?
“No. E di conseguenza consiglio ai miei pazienti di non mandare i loro figli a scuola”.
 
E ai docenti cosa consiglia?
“Di osservare attentamente se a scuola sono rispettate tutte le norme di distanza e di igiene. Se non lo sono, di tornarsene a casa. Spetta infatti al datore di lavoro garantire la loro sicurezza. Per chi, invece, dovrà lavorare per forza, raccomando una grandissima prudenza”.
 
Da una profilo pedagogico e psicologico, però, si sostiene che sia importantissimo far rientrare i bambini a scuola, anche solo per pochi giorni.
“Oggi si chiede ai bambini di fare ancora un piccolo sacrificio di 13 giorni. La scuola, però, se non viene applicato il modello del DECS, potrà continuare ad offrire un servizio di accudimento che consentirà comunque ai bambini di socializzare. Lo stesso potranno fare le mamme, nel tempo libero o nel weekend, facendo incontrare i ragazzi, all’aperto, in piccoli gruppi. Chiaramente cercando sempre di mantenere quanto più possibile le distanze sociali. Il vero problema, lo ripeto, non è la riapertura delle scuole, ma quello che succederà a livello di accudimento dopo il 19 giugno. Di questo il DECS dovrebbe occuparsi prioritariamente”.
 
Chiudiamo il capitolo scuola e parliamo delle grandi aperture dell’11 maggio. Cosa ne pensa?
“Sono fermamente contrario. La decisione del Consiglio Federale ha lasciato sbigottiti tutti noi medici, ma penso anche il Consiglio di Stato. Purtroppo questo è un grande problema. Anche perché con le riaperture generalizzate, se dovesse ripartire il contagio, non riusciremo ad individuarne la causa. Inoltre aggiungiamo che torneranno a lavorare in Ticino 70’000 frontalieri. Corriamo veramente un grande pericolo che ci sia un’ondata di ritorno. Ma non in autunno, nel mese di giugno”
 
Ma le aperture ormai sono state decise. Cosa fare per minimizzare i rischi?
“Abbiamo tre mezzi per difenderci. Distanza sociale di due metri. Lavaggio delle mani. E mascherine. Come medici dobbiamo dare segnali forti e invitare all’uso obbligatorio delle mascherina nei luoghi chiusi. Penso agli uffici. Ai mezzi pubblici, indipendentemente dal numero dei presenti, e in questo caso meglio utilizzare anche con i guanti. Nei negozi. Senza mascherina, state a casa! Poi ci sono le politiche sanitarie”
 
Quali?
“Fare molti più tamponi e tracciare i contatti dei positivi. Dobbiamo insomma fare questo benedetto contact tracing. Ma per essere efficace deve essere più rapido dello sviluppo dell’epidemia. Servono enormi risorse. A Livello cantonale dobbiamo fare molto di più”
 
Il caldo ci aiuterà a frenare l’avanzata del virus?
“C’è chi ci spera e chi dice che non è vero. Non lo sappiamo”.
 
Infine, comincia a tener banco il sospetto che il virus possa diffondersi tramite gli impianti d’aria condizionata. Cosa può dirci a proposito?
“Il sospetto è più che un sospetto. Stiamo cercando delle conferme. Tra una settimana avremo qualche informazione in più. Il rischio che il Covid si diffonda tramite l’aria condizionata, comunque, c’è”.
 
 
 
 
Ultima modifica il Martedì, 05 Maggio 2020 07:00