Mercoledì, 08 Luglio 2020 16:06

Da noi il lockdown è durato troppo poco Ora corriamo ai ripari - La provincia di Como

L'INTERVISTA FRANCO DENTI.
Presidente dell’Ordine dei medici del Canton Ticino: «Rischi per gli italiani? Il virus viaggia veloce, meglio essere prudenti. Siamo preoccupati, è vero»
 
Tutti i giovani di una discoteca del bellinzonese in quarantena, un locale chiuso per Covid, i contagi in risalita con centinaia di casi al giorno. Il Ticino teme a breve l’arrivo della seconda ondata. Non ci sono morti, non ci sono ricoveri, ma gli ambulatori anti coronavirus hanno tutti riaperto. E la frontiera di Como è molto vicina.
 
Franco Denti, presidente dell’Ordine dei medici ticinesi, dobbiamo avere paura anche noi?
Forse è presto per dirlo. Certo restrizioni verso l’Italia non ce ne sono. L’Italia per noi non è un paese ad alto rischio. Ma la nostra indicazione come medici è quella di non lasciare il paese.
 
Ma cosa sta succedendo?
Siamo preoccupati. L’andamento epidemiologico nella svizzera interna corre. Non si esclude la seconda ondata nei prossimi dieci, quindici giorni. L’attenzione deve essere massima. Abbiamo chiesto misure restrittive.
 
Per esempio quali?
Bisogna evitare gli assembramenti, tornare a un tetto massimo di trenta persone. Abbiamo chiesto l’obbligo di indossare la mascherina almeno nei bar e nei ristoranti. Come forma di sicurezza per i clienti e i lavoratori. Il contact tracing deve essere perfezionato. Non può bastare un nome, bisogna chiedere i documenti e registrare gli ingressi, altrimenti abbiamo scoperto che molti dati non sono veritieri e si rompe la catena dei tracciamenti. Adesso il consiglio federale per fortuna ha deciso di imporre le mascherine sui mezzi pubblici.

Noi siamo più severi, fate ancora assembramenti?
Fino a 300 persone. Si possono organizzare feste e concerti. Funzionano eventi e discoteche.

Svizzeri refrattari alle restrizioni?
Da noi divieti e obblighi sono culturalmente meno digeribili. Forse perché in genere siamo ligi al dovere. Noi di fatto abbiamo chiuso un paio di settimane, il nostro lockdown è stato molto rapido e altrettanto rapidamente abbiamo riaperto tutto, senza gradualità. Troppo velocemente. Ora con la risalita dei casi positivi crescono anche i dubbi dunque sempre a livello federale si è scelto di costruire una lista dei paesi a rischio. Non figura l’Italia. C’è per esempio la Svezia, nazione che voleva essere messaggera della lotta all’epidemia e che invece senza aver messo alcun paletto si è ritrovata assai colpita. Poi ci sono diversi paesi del Sud America e gli Stati Uniti, la Russia, l’Arabia. Le persone che nei 14 giorni precedenti all’entrata in Svizzera hanno soggiornato in questi paesi dovranno fare un isolamento di dieci giorni. Il che significa precludere vacanze e viaggi internazionali. Dobbiamo schiacciare il pedale del freno.
 
E le scuole e gli asili invece?
Sono ripartiti praticamente subito, c’è stata una chiusura brevissima e si è ripreso senza particolari restrizioni. L’impressione però, letta la stampa, è che in classe siano tornati in pochi, i plessi erano mezzi vuoti. Credo le famiglie abbiano avuto qualche ragionevole timore. Adesso ci sono le vacanze e fino a settembre non se ne parla.

Ci sono nuovi ricoveri in ospedale?
No, per fortuna no salvo qualche raro caso, magari già compromesso e critico.

E i decessi?
No, ringraziando il cielo no, anche qui la conta si ferma a uno due tristi notizie.

E i positivi invece?
Anche più di cento al giorno, sono davvero tanti.

Chi sono?
Sono giovani, ragazzi e ragazze di vent’anni. I portatori arrivano dal nord della Svizzera. Frequentano discoteche, come successo vicino a Bellinzona dove tutti i clienti sono stati messi in isolamento per un rischio focolaio. È accaduto anche in un locale alternativo di Lugano. C’è molta voglia di libertà. Ma il virus si muove nella folla, cerca gli assembramenti. E i giovani stan- no molto vicini.

Qui in Italia i positivi sono meno gravi, lì?
Anche qui hanno scarsi sintomi o non ne hanno affatto. Ma sarei prudente prima di ipotizzare dei mutamenti nel virus e la fine dell’epidemia.

In Lombardia mettiamo la mascherina all’aperto, un giudizio?
Non serve, serve al chiuso. All’aperto con le distanze no.

Gli svizzeri riporteranno il contagio in Italia?
Ci sono le vacanze, sul lago, al mare. Non solo la spesa alle porte di Como. Vero è che il turismo svizzero interno è forte, gli hotel qui sono pieni di concittadini elvetici. Poi ci sono i frontalieri. Il virus viaggia veloce. Ci vuole prudenza, ovunque. Tracciamenti, isolamenti rapidi, distanda e mascherine.
 
Ultima modifica il Mercoledì, 08 Luglio 2020 16:24