Giovedì, 30 Luglio 2020 08:01

Medici stranieri in Svizzera La crescita non si arresta - CdT

SANITÀ / Nel 2019 la quota di camici bianchi proveniente dall’estero è salita di 0,9 punti percentuali al 36,3% Dal 2013 l’aumento è stato di 3.999 unità, a fronte di un totale di 4.640 nuovi professionisti del settore Franco Denti: «Rimarremo sempre dipendenti da altri Stati ma adesso è troppo e servono soluzioni»
 
Durante la fase più calda della pandemia, con i contagi in rapido aumento nella vicina Lombardia, aveva iniziato a diffondersi il timore che Roma potesse precettare il personale sanitario italiano impiegato in Svizzera per far fronte all’emergenza sanitaria. Il temuto scenario non si è concretizzato, ma la forte dipendenza dai camici bianchi stranieri ha messo sul chi vive la politica e gli addetti ai lavori.
 
Quasi nove su dieci
E proprio «l’accentuarsi della dipendenza dall’estero» è stata rimarcata dal rapporto 2019 dell’Associazione professionale dei medici svizzeri (FMH), dal quale è emerso che su 37.882 medici in attività 13.755 sono stranieri. Rispetto all’anno precedente la percentuale è aumentata dello 0,9%, passando dal 35,4% al 36,3% del totale. La statistica della FMH evidenzia poi come la maggioranza dei camici bianchi stranieri sia di origine tedesca (7.347, ovvero il 53,4 %). Seguono i medici di origine italiana (1.222, 8,9 %), francese (952, 6,9 %) e austriaca (830, 6%). L’aumento su base annua inferiore all’1% è tutto sommato contenuto, seppur in continua crescita. Guardando qualche anno più indietro, tale crescita appare però ben più importante. Nel 2013, ad esempio, i medici stranieri erano 9.756 (il 29,4% del totale di 33.242). Tra il 2013 e lo scorso anno l’aumento è stato di 3.999 unità, ovvero di 6,9 punti percentuali (sul totale). Un’avanzata importante soprattutto se si considera che il numero complessivo di medici in tutta la Svizzera è cresciuto di 4.640 unità durante questo periodo, a fronte dell’aumento di quasi 4.000 camici stranieri. In cifre assolute, si può quindi concludere che l’86% di questo aumento è legato ai medici provenienti da oltre confine. Per quanto riguarda invece in nuovi medici, i dati relativi al 2019 dell’UFSP indicano che ben tre quarti di essi sono arrivati dall’estero. I diplomi stranieri riconosciuti sono stati 2.940, a fronte di 1.089 nuovi camici bianchi elvetici. Fra chi ha studiato oltre confine figurano moltissimi tedeschi (1.208), seguiti da italiani (352), francesi (258), austriaci (181) e rumeni (144).
 
La ricetta dell’OMCT
Ridurre a zero la percentuale di camici bianchi stranieri è pura utopia e lo sa bene il dottor Franco Denti, presidente dell’Ordine dei medici del Canton Ticino (OMCT): «Rimarremo sempre dipendenti da altri Stati, però adesso è troppo. La pandemia ci ha dimostrato che siamo esposti a grossi rischi, come la precettazione di personale sanitario straniero in caso di crisi». Per il presidente dell’Ordine la ricetta è chiara: «Bisogna investire nella formazione di medici e infermieri svizzeri. La misura principale deve essere l’abolizione del numerus clausus con il susseguente aumento dei posti nelle facoltà di medicina e, più in generale, nelle scuole sanitarie». A fine giugno 2021 cadrà la moratoria per i professionisti esteri, ma secondo Denti questo aspetto verrà compensato dal progetto della Legge sulle professioni mediche, attualmente in discussione alle Camere federali. «Si punterà maggiormente sui criteri di qualità - sottolinea Denti -; ad esempio, su proposta dell’OMCT, un medico straniero dovrà lavorare in un Istituto svizzero riconosciuto, ma nella branca in cui chiederà il libero esercizio». Gli scenari futuri non implicano una chiusura totale agli altri Paesi. «Prevederei anche maggiori contatti tra le facoltà di medicina della Regio Insubrica, in modo che i giovani laureati possano seguire la formazione post-graduata in Svizzera, di tipo duale, in modo da poter restare qui a lavorare una volta finito questo percorso, ma con la cultura sanitaria dei nostri ospedali». Non da ultimo, conclude, «va detto che il Ticino ha bisogno di medici di famiglia specializzati in modo da mantenere la medicina di prossimità ad alto livello. Ciò potrebbe avvenire con la creazione di un Istituto di medicina di famiglia».