Giovedì, 25 Marzo 2021 08:55

Il primo anno di vita dei checkpoint COVID - CdT

SANITÀ - Istituiti il 25 marzo 2020, queste strutture operano sette giorni su sette a supporto del sistema sanitario e in 12 mesi sono state testate oltre 30 mila persone - Franco Denti: «Un’idea nata a febbraio ma ha dovuto vincere un iniziale scetticismo»
 
Era il 25 marzo 2020: nove giorni dopo l’inizio del confinamento in Ticino, sul territorio cantonale sono stati aperti alla popolazione i primi quattro checkpoint COVID-19. Inizialmente istituiti a Mendrisio, Lugano, Agno e Giubiasco, i checkpoint gestiti dall’Ordine dei Medici del Canton Ticino (OMCT) si sono estesi su tutto il territorio cantonale con il compito di agevolare la diagnosi e la presa a carico attraverso l’individuazione tempestiva di persone positive alla malattia e di preservare il più possibile dal rischio di contagio gli studi medici, il loro personale e i pazienti. Il 6 aprile, in piena seconda ondata pandemica, sono stati inaugurati i checkpoint mobile nelle Tre Valli e al Fevi di Locarno.
 
Nelle intenzioni iniziali avrebbero dovuto chiudere a fine aprile 2020, invece nel corso del loro primo anno di vita, queste strutture sono rimaste costantemente operative sette giorni su sette, coprendo anche le festività. Il bilancio dopo 12 mesi di attività «è decisamente positivo», ha osservato il presidente dell’OMCT Franco Denti in conferenza stampa. In questi dodici mesi di attività sono state effettuate oltre 30 mila visite (30.498 per la precisione) grazie agli sforzi di 127 medici che si sono alternati nelle varie strutture. In un anno sono stati effettuati anche 30.079 tamponi e analizzate 10.940 schede epidemiologiche.
 
L’iniziale diffidenza
«All’inizio noi medici sul territorio ci siamo sentiti un po’ dimenticati e non potevamo neppure fare i tamponi, ha ricordato Denti. «L’idea dei checkpoint è nata già a febbraio ma non aveva immediatamente trovato il consenso delle autorità sanitarie». Poi, «l’idea di mettere in sicurezza i medici di prossimità ha preso piede. Ricordo che durante la riunione decisiva dello SMCC il comandante Matteo Cocchi chiese per tre volte se aprirli. Alla terza domanda è finalmente arrivata una risposta positiva». Insomma, dopo un’iniziale diffidenza il progetto ha potuto infine decollare. Non sono tuttavia mancati dei problemi concenrnento il rimborso delle prestazioni: «Ci sono 730 mila franchi di fatture per prestazioni effettuate ai checkpoint che non possiamo emettere a causa di pretestuosi cavilli burocratici da parte di alcune casse malati, in particolare la CSS, che il Cantone non è stato ancora in grado di sbloccare», ci spiega Denti. Insomma, affaire à suivre.
 
Un po’ di cifre
Un dato che salta all’occhio dalle statistiche illustrate in conferenza stampa – ha sottolineato la dottoressa Beatrice Barda – è che nella prima fase della pandemia la categoria degli «under 20» era in assoluto la meno presente nei checkpoint. Ma in penda seconda ondata, con la variante inglese ormai in Ticino, il loro numero è aumentato di diverse centinaia. In generale, anche gli «over 80» si sono recati abbastanza raramente in questi centri, ma il 70% di chi lo ha fatto, alla fine, è risultato positivo. Le statistiche hanno inoltre evidenziato che la stragrande maggioranza delle persone risultate positive al SARS-CoV-2 non aveva patologie coesistenti. Per quanto riguarda la sintomatologia, un dato interessante è quello del periodo giugno settembre, quando poco più del 30% dei testati era asintomatico.