Venerdì, 26 Marzo 2021 09:18

Segnalazione reati, obbligo ridotto - LaRegione

Il Tf accoglie parzialmente il ricorso di quattro medici contro la legge del 2017
Nel giorno in cui stila un bilancio dei propri checkpoint, a un anno dalla loro installazione sul territorio, per i test anti-Covid, l’Ordine ticinese dei medici incassa una vittoria a Losanna. Il Tribunale federale ha infatti parzialmente accolto il ricorso con il quale quattro medici – patrocinati dall’avvocato Mario Molo di Bellinzona – contestavano l’introduzione, nell’ambito della revisione della Legge sanitaria approvata dal Gran Consiglio nel dicembre 2017, di disposizioni più severe circa l’obbligo di segnalazione alla magistratura, da parte degli operatori sanitari, dei reati di cui vengono a conoscenza nell’esercizio della loro attività professionale. Disposizioni ritenute dai ricorrenti, fra cui il presidente dell’Ordine (Omct) Franco Denti, lesive del segreto professionale che gli operatori sanitari devono osservare. Operatori che, alla luce della sentenza dell’Alta Corte intimata ieri mattina alle parti, saranno tenuti a informare il Ministero pubblico unicamente di ogni caso di morte provocata da un reato o che sospettano sia da ricondurre a un reato. Nessun obbligo di segnalazione invece di altri reati perseguibili d’ufficio, per esempio le lesioni gravi.

Per il Tribunale federale deve essere dunque annullata parte del secondo capoverso dell’articolo 68 della legge ticinese, secondo cui l’operatore sanitario “ha l’obbligo di informare rapidamente entro un massimo di trenta giorni il Ministero pubblico, direttamente o per il tramite del Medico cantonale, di ogni caso di malattia, lesione o di morte per causa certa o sospetta di reato perseguibile d’ufficio venuto a conoscenza in relazione con l’esercizio della propria funzione o professione”. Così come confezionata dal Gran Consiglio, la norma non va bene, ha quindi considerato in sostanza Losanna. Il citato capoverso, scrivono i giudici di Mon Repos, va pertanto annullato “nella misura in cui eccede l’obbligo per l’operatore sanitario di informare l’autorità di perseguimento penale delle morti per causa certa o sospetta di reato di cui è venuto a conoscenza in relazione con la sua professione”. Di conseguenza, aggiunge il Tf, “occorre annullare i termini ‘di malattia, lesione o (...) perseguibile d’ufficio’ contenuti nell’articolo 68”. Non solo. I giudici di Mon Repos hanno accolto anche un’altra richiesta dei ricorrenti, ovvero l’abrogazione del terzo capoverso del medesimo articolo. Quello in base al quale l’operatore sanitario “ha parimenti l’obbligo di informare rapidamente entro un massimo di trenta giorni il Ministero pubblico, direttamente o per il tramite del Medico cantonale, di ogni altro caso di reato perseguibile d’ufficio perpetrato da un operatore sanitario in relazione con la propria funzione o professione, fatto salvo il segreto medico nel rapporto terapeutico”.

Il Tribunale federale ha per contro respinto la tesi dei quattro medici ricorrenti, per i quali il quarto capoverso dell’articolo 20 della Legge sanitaria, che impedisce di opporre il segreto professionale all’autorità di vigilanza qualora chieda informazioni per assolvere i suoi compiti di ispezione e di vigilanza, violerebbe il segreto in questione. Annota fra l’altro Mon Repos: “In tale contesto, il medico o l’operatore sanitario oggetto della procedura disciplinare non può validamente invocare il segreto professionale per impedire all’autorità cantonale di vigilanza di accedere all’incarto sanitario pertinente per l’inchiesta”.

Denti: una vittoria storica per la medicina svizzera Tornando all’articolo 68, il Tf ridimensiona dunque l’obbligo di segnalazione alla magistratura per gli operatori sanitari. E meglio: ridimensiona le disposizioni varate poco più di tre anni fa da Consiglio di Stato e Gran Consiglio. «Sono davvero soddisfatto di questa importante decisione del Tribunale federale, importante non solo per il Ticino – commenta Franco Denti, interpellato dalla ‘Regione’ –. Il segreto medico, che è alla base del rapporto medico-paziente, è di nuovo tutelato nella sua interezza. I cittadini che necessitano di cure – prosegue il presidente dell’Omct – devono avere la massima fiducia nell’operatore sanitario al quale si affidano per guarire. Come ho avuto modo di scrivere in passato, il segreto professionale tutela non il medico, ma i suoi pazienti, i quali affidano al primo, nel rapporto terapeutico, informazioni sensibili e confidenziali. La missione del medico è anzitutto una: curare. E questa decisione del Tribunale federale è una sentenza storica per la medicina svizzera».

UN ANNO DI CHECKPOINT ‘Dovevano restare solo un mese. Sono ancora lì’
Un anno fa come ieri, comparivano sul territorio ticinese i checkpoint dell’Ordine dei medici. Strutture dedicate per agevolare la diagnosi e la presa a carico dei pazienti affetti da Covid. «Era un modo per contribuire in maniera tangibile ad arginare il più possibile il propagarsi della pandemia, attraverso l’individuazione tempestiva di persone positive alla malattia», ha spiegato in conferenza stampa il dottor Franco Denti, presidente dell’Omct. «Siamo stati l’unico cantone a dotarsi di queste strutture che non sono nate in contrapposizione a quanto stava mettendo in piedi l’autorità sanitaria, ma in supporto e per evitare un sovraccarico di ambulatori e pronto soccorso», ha continuato Denti ricordando che all’inizio c’era molta diffidenza. La durata prevista inizialmente era di un solo mese, tanto che il 24 aprile avrebbero dovuto essere smantellati. Così non è stato, tanto che messa da parte la parentesi estiva in cui la pandemia di coronavirus sembrava stesse arretrando naturalmente, gli stessi sono ancora in attività e rimasti costantemente operativi 7 giorni su 7, coprendo anche le festività. I checkpoint Omct sono stati istituiti in collaborazione con Lugano, Bellinzona, Agno, Mendrisio, Locarno e altri Comuni, sostenuti dallo Stato maggiore cantonale di condotta e dal Dipartimento sanità e socialità. Uno degli obiettivi, ha spiegato ancora Denti, era di preservare «il più possibile dal rischio di contagio gli studi medici, il loro personale e i pazienti». Obiettivo raggiunto, visto che, contrariamente a quanto accaduto per esempio in Lombardia, il personale sanitario che si è ammalato è stato minimo. «Due medici del Locarnese sono purtroppo deceduti durante la prima ondata», ha ricordato il presidente dell’Omct. Un altro obiettivo era quello di fronteggiare le possibili conseguenze epidemiologiche delle fasi di allentamento della chiusura delle attività economiche e sociali decise o prospettate a livello federale e cantonale.

Un punto delicato è dato dal finanziamento. Le strutture sono state in gran parte finanziate dall’Omct pur con il sostegno dei Municipi di Lugano, Bellinzona, Agno, Mendrisio e Locarno, oltre che dal Cantone. «A oggi abbiamo un contenzioso, in via di chiarimento, pari a circa 730mila franchi con le casse malati», ha affermato Denti.

Fumatori ed ex meno toccati dal Covid Poter essere sul territorio ha permesso anche una raccolta di importanti dati epidemiologici. Le visite effettuate dai 127 medici volontari che si sono alternati (quasi tutti medici di famiglia, ma non solo, ndr) sono state oltre 30mila. Le schede epidemiologiche allestite sono state 10’940 che hanno permesso di tracciare un quadro dell’evoluzione della malattia. Le considerazioni su quanto raccolto sono state affidate alla dottoressa Beatrice Barda, specialista in microbiologia e virologia clinica. Dall’esame è visibile l’andamento dell’epidemia con le classiche tre ondate: la prima tra marzo e maggio dove l’8% dei testati è risultato positivo al virus Sars-Cov 2; la seconda tra ottobre e dicembre con il 45% dei test positivi e l’ultima tra gennaio e febbraio scorsi con il 21% di positivi. Un altro dato interessante è l’età dei positivi: la maggior parte tra i 21 e 60 anni, mentre emerge che i fumatori (poco più del 10%) e gli ex fumatori (prossimi allo zero) sono risultati positivi in misura inferiore al coronavirus rispetto ai non fumatori (oltre il 60% di positivi). Infine più dell’80% dei testati positivi aveva una temperatura inferiore ai 37 gradi o non presentava sintomi evidenti della malattia. E questo soprattutto a fine estate, inizio autunno, quando poi è partita la seconda ondata.