Ma ora anche il Ticino reagisce a questo fenomeno, e lo fa attraverso la creazione di un nuovo istituto di medicina di famiglia in seno alla Facoltà di Scienze biomediche dell’Università della Svizzera italiana. Un centro di formazione che, anche attraverso importanti incentivi pubblici, intende orientare i giovani dottori verso un percorso di specializzazione che oggi viene scelto soltanto dal 10% dei laureati.
Il nuovo istituto dovrebbe iniziare la sua attività nell’anno accademico 2022-2023. Entro sei mesi saranno resi noti i contenuti dettagliati del progetto e i relativi costi.
Luca Gabutti, primario di medicina interna e vicedecano della Facoltà di scienze biomediche dell’USI, ha spiegato che il progetto ha un duplice traguardo: uno didattico, teso alla ricerca e alla formazione, sia degli studenti del master triennale, sia dei medici già laureati e avviati alla specializzazione, l’altro politico-sociale: “Dare spazio alla medicina di base è infatti un servizio alla comunità, una modalità per formare medici che rispondano alle esigenze delle famiglie”.
Da Basilea a Berna, fino a Friborgo, tutte le città svizzere che hanno un Università di medicina, si sono dotate di un Istituto per questa disciplina. Una specializzazione tanto più importante in un’epoca in cui il progressivo invecchiamento della popolazione, l’aumento dell’aspettativa di vita e lo sviluppo di patologie croniche che possono perdurare per periodi lunghissimi, rende necessaria una presa a carico del paziente che sia costante negli anni. E in un momento in cui più della metà dei medici di famiglia, a livello nazionale e cantonale, è vicina alla pensione, diventa più che mai urgente ravvivare nei giovani l’attrattiva verso questa professione. Una professione che ha assunto negli ultimi anni dignità e riconoscimento anche economico, oltre a corrispondere a un profilo professionale necessario.
Si calcola che i medici di famiglia possano curare da soli oltre l’80% delle malattie, eppure anche a causa di scelte pianificatorie sbagliate fatte nel passato, con le diverse moratorie che si sono susseguite, dal 2002 al 2011 e dal 2013 al 2021, la loro densità si è sempre più rarefatta.
Per potere avvicinare i giovani alla professione di medico di famiglia, l’anno scorso l’OMCT ha lanciato con il Dipartimento della sanità e della socialità il progetto Praxisassistenz, grazie al quale il Cantone cofinanzia 5 posti di formazione (da 6 a 12 mesi) di medici assistenti al quarto anno di formazione post-diploma, presso uno studio medico privato di medicina di famiglia o pediatria.
“La medicina di famiglia ha bisogno di essere riconsiderata e la creazione di un nuovo istituto universitario che incentivi questa formazione è necessaria”, ha detto durante il convegno il direttore del Dipartimento sanità, Raffaele De Rosa. Il numero di medici con libero esercizio, ha aggiunto, è cresciuto costantemente negli anni: in Ticino sono circa 2.200. Ma, sia la percentuale di medici attivi in un ambulatorio privato sia la quota dei medici di famiglia sono diminuite nel tempo. Oggi soltanto uno studio medico su tre è un ambulatorio di medicina interna generale. Numeri che attestano lo squilibrio fra la medicina di base e le varie specializzazioni.
L’esperienza dell’Istituto di medicina di famiglia di Berna, pioniere nel programma Praxisassistenz, ha dimostrato che circa 8 su 10 dei medici ai quali è concessa questa opportunità formativa decidono di seguire la professione di medico di famiglia per tutta la vita e quasi la metà di essi continua a lavorare nello studio dove ha svolto il periodo di pratica.
Il Master di medicina della Svizzera italiana, inaugurato l’anno scorso si è distinto fin da subito per il suo approccio pratico alla medicina. Questa sua naturale vocazione potrebbe essere utilizzata per avvicinare gli studenti del Master alla medicina di famiglia già dal quarto anno della loro formazione, offrendo loro la possibilità di frequentare workshop su tematiche specifiche, come cure palliative, dolori cronici, sovramedicazione, automedicazione da parte del paziente, terapie complementari e olistiche…
Nel campo della formazione, l’Istituto si farebbe garante di un’offerta trasversale per tutta la vita del medico, integrando nel piano didattico momenti e lezioni dedicate alla cultura della medicina di famiglia. Nei primi due anni di master, sono previsti anche due blocchi di attività pratica: uno di due settimane in uno studio medico di medicina interna generale e uno in uno studio di pediatria. La formazione continuerebbe poi attraverso percorsi di formazione orientati alla medicina di famiglia, fornendo agli studenti le migliori competenze possibili per rispondere alle esigenze dei pazienti che cureranno sul territorio
Oltre a tutto questo, l’Istituto intende occuparsi anche di formazione continua e di ricerca nell’ambito della medicina di famiglia. La sua missione centrale è promuovere sul territorio e anche a livello istituzionale la cultura della medicina di famiglia, accrescendo il valore che viene attribuito a chi la esercita.
L’auspicio del dottor Denti, che oltre ad avere patrocinato la causa dell’Istituto di Medicina di famiglia per molti anni tramite la sua attività politica, fa parte del leading group che sta elaborandone il progetto e del gruppo di lavoro che si è impegnato a consegnare all’USI entro marzo 2022 un rapporto di fattibilità dell’Istituto, è che l’Istituto stesso riesca a formare specialisti in medicina di famiglia con la S maiuscola.