Giovedì, 04 Novembre 2021 21:04

I medici di famiglia scarseggiano, il Ticino ora vuole formarli in casa - CdT

Presentato il progetto di un istituto da attivare in seno alla Facoltà di Scienze biomediche dell’Università della Svizzera italiana - Raffaele De Rosa: «I numeri attuali attestano uno squilibrio tra le varie specializzazioni» - Il finanziamento cantonale sarà di 3 milioni in 5 anni
 
Il Ticino si interroga ancora una volta sul suo futuro. Getta lo sguardo oltre l’orizzonte breve. E ribadisce che, tra i molti problemi in cerca di soluzione, ce n’è uno che bisogna risolvere prima degli altri: la carenza dei medici di base.
 

 numeri dicono che bisogna fare presto. In pochi anni il rapporto tra popolazione residente e medici di famiglia si è pericolosamente abbassato. Un crinale destinato, nel medio periodo, a diventare sempre più scosceso.

«Nel 2012 - dice Franco Denti, presidente dei camici bianchi del Canton Ticino - i medici di famiglia erano 320; oggi sono 280 e di questi soltanto 240 lavorano a tempo pieno. Non solo: una buona parte di loro è nella fascia d’età tra i 56 e i 65 anni». Lo svuotamento degli studi, quindi, non è più soltanto un rischio, piuttosto una possibilità concreta. Cui bisogna porre rimedio.

Ecco, allora, il senso del progetto avviato già da alcuni mesi e finalizzato alla creazione di un nuovo istituto di medicina di famiglia in seno alla Facoltà di Scienze biomediche dell’Università della Svizzera italiana (USI). Un centro di formazione che, anche attraverso importanti incentivi provenienti dalla mano pubblica, sia in grado di spingere i giovani dottori verso un percorso di specializzazione oggi scelto soltanto dal 10% dei laureati.

Il convegno

In un incontro pubblico organizzato oggi al Campus Est di Lugano hanno parlato del progetto gli interlocutori istituzionali chiamati a rendere concreta l’iniziativa.

Il punto di partenza, condiviso in modo unanime con il gruppo di lavoro impegnato nella costruzione dell’iniziativa, è stato riassunto dal direttore del Dipartimento della sanità e della socialità (DSS), Raffaele De Rosa: «La medicina di famiglia ha bisogno di essere riconsiderata e la creazione di un nuovo istituto universitario che incentivi questa formazione è necessaria».

Il numero di «medici con libero esercizio è cresciuto costantemente negli anni - ha spiegato De Rosa -, in Ticino sono circa 2.200». Ma sia «la percentuale di medici attivi in un ambulatorio privato» sia «la quota dei medici di famiglia sono diminuite nel tempo. Oggi, in pratica, soltanto uno studio medico su tre è un ambulatorio di medicina interna generale. Questi numeri attestano lo squilibrio fra la medicina di base e le varie specializzazioni».

Realizzare in Ticino, all’interno dell’USI, «un istituto di medicina di famiglia a tutti gli effetti permetterebbe di avere un adeguato “contenitore” per tutte le offerte formative volte a incrementare il numero di medici di base sul lungo termine nel nostro Cantone. Si potrebbe così dare vita a un’entità universitaria realmente al servizio della medicina di famiglia», ha aggiunto Raffaele De Rosa.

Orizzonte 2023

Il nuovo istituto dovrebbe iniziare la sua attività con l’anno accademico 2022-2023. Questo, almeno, è l’obiettivo dei promotori. Entro sei mesi saranno resi noti i contenuti specifici del progetto e i costi, alla copertura dei quali il Cantone parteciperà con 3 milioni di franchi in 5 anni.

Luca Gabutti, primario di medicina interna e vicedecano della Facoltà di scienze biomediche dell’USI, spiega come il lavoro intrapreso sia stato indirizzato a un duplice traguardo: uno didattico, relativo cioè alla ricerca in senso stretto e alla formazione, sia degli studenti del master triennale, sia dei medici già laureati e avviati alla specializzazione. L’altro, per così dire, politico-sociale.

«Dare spazio all’àmbito della medicina di base è un servizio alla comunità, una modalità per formare medici che rispondano alle esigenze delle famiglie», dice Gabutti.

Il nuovo istituto potrebbe poi avere un’ulteriore funzione: il supporto all’Ordine nella formazione permanente dei camici bianchi, sul modello di quanto accade in altri atenei svizzeri. «Ad esempio Lucerna - dice Franco Denti, il quale torna sull’importanza di un presidio accademico specificamente indirizzato alla medicina di base -. Per ottenere il titolo di specialista in medicina interna generale occorrono, dopo la laurea, almeno 5-6 anni. L’istituto universitario sarebbe il collante fondamentale per mettere in relazione tra loro gli ospedali, gli studi professionali, i centri di formazione». Nella medicina di famiglia, aggiunge il presidente dell’Ordine, «serve soprattutto qualità degli interventi. La nostra non è soltanto cura, noi siamo il presidio di prossimità che attenua la pressione sugli ospedali, cosa che è emersa con ogni evidenza in tempi di pandemia. Non solo: in una comunità che diventa sempre più anziana, affrontiamo ogni giorno i problemi della cronicità e interagiamo con radicale cambiamento della struttura sociale. Siamo l’altra faccia di una medicina iperspecializzata e depersonalizzata, siamo coloro che dialogano con i pazienti, li ascoltano e li accompagnano nella loro sofferenza. Per questo dico che un istituto come quello che vogliamo contribuire a creare potrebbe servire anche ad accrescere la cultura della medicina, cosa di cui abbiamo davvero bisogno».

 
Ultima modifica il Lunedì, 08 Novembre 2021 21:06