Elezioni Comunali 2013

L'intervista Le dure critiche di Denti che ha chiesto le dimissionii della direzione "pipidina"
FRANCO DENTI Ha ricevuto 4.224 voti, 500 in più di quando era in lista per il governo
 
"Un Ppd verticista? Macché, abbiamo solamente un partito che ha un Jelmini come presidente, un altro come municipale e un terzo come capogruppo a Lugano". Ironico Franco Denti, candidato ppd al municipio luganese , che puntava al raddoppio e che prima del voto aveva dichiarato di vedere un partito troppo aristocratico, staccato dalla gente. "Purtroppo ho avuto ragione. Il Ppd ha fatto flop". Come mai?
"Indubbiamente ha sbagliato la campagna elettorale. È mancata capacità politica e comunicativa". Solo questo?
"Di sicuro ha perso il 25 dell'elettorato, cosa che pone un problema di fondo. Non solo bisogna parlare di più con la gente: bisogna ascoltarla".
Perché il Ppd non è in sintonia con la gente?
"Lo ribadisco, il Ppd deve riscoprire l'animo popolare e conservatore, nel senso di partito legato alle tradizioni, alla cultura profonda del Paese, della gente, altrimenti non ha futuro".
Lei ha chiesto agli organi dirigenti di dimettersi.
"Sì, ma al momento non s'è fatto nulla. Ma io ho pure detto di lasciare spazio ai giovani. Ne avevamo tantissimi in lista, e bravi, a cui è ora di cedere il posto. Anche per evitare che fra tre anni si dica che non hanno sufficiente esperienza".
Ma c'è possibilità di recupero per il Ppd luganese?
"Se il partito non rinnoverà la dirigenza credo proprio di no. Indipendentemente dal lavoro svolto, una dirigenza che ha perso in questo modo, portando avanti l'idea del raddoppio senza crederci, e perdendo il 5%, 300 schede, deve dimettersi".
Perché non c'era una visione d'insieme?
"Non solo questa. S'è puntato sulle persone dimenticando il partito, che ora è diventato la quarta forza di Lugano, dietro al Ps".
Però il Ppd s'è schierato compatto dietro a Jelmini.
"Mi sembra palese. E dire che m'avevano accusato di essere leghista, ma la Lega non mi ha votato e nemmeno il Ppd. Ora occorre trovare il coraggio di cambiare la classe dirigente di Lugano e tornare ad essere davvero un partito popolare, vicino al popolo".
L'intervista Le dure critiche di Denti che ha chiesto le dimissionii della direzione "pipidina"
FRANCO DENTI Ha ricevuto 4.224 voti, 500 in più di quando era in lista per il governo
"Un Ppd verticista? Macché, abbiamo solamente un partito che ha un Jelmini come presidente, un altro come municipale e un terzo come capogruppo a Lugano". Ironico Franco Denti, candidato ppd al municipio luganese , che puntava al raddoppio e che prima del voto aveva dichiarato di vedere un partito troppo aristocratico, staccato dalla gente. "Purtroppo ho avuto ragione. Il Ppd ha fatto flop". Come mai?
"Indubbiamente ha sbagliato la campagna elettorale. È mancata capacità politica e comunicativa". Solo questo?
"Di sicuro ha perso il 25 dell'elettorato, cosa che pone un problema di fondo. Non solo bisogna parlare di più con la gente: bisogna ascoltarla".
Perché il Ppd non è in sintonia con la gente?
"Lo ribadisco, il Ppd deve riscoprire l'animo popolare e conservatore, nel senso di partito legato alle tradizioni, alla cultura profonda del Paese, della gente, altrimenti non ha futuro".
Lei ha chiesto agli organi dirigenti di dimettersi.
"Sì, ma al momento non s'è fatto nulla. Ma io ho pure detto di lasciare spazio ai giovani. Ne avevamo tantissimi in lista, e bravi, a cui è ora di cedere il posto. Anche per evitare che fra tre anni si dica che non hanno sufficiente esperienza".
Ma c'è possibilità di recupero per il Ppd luganese?
"Se il partito non rinnoverà la dirigenza credo proprio di no. Indipendentemente dal lavoro svolto, una dirigenza che ha perso in questo modo, portando avanti l'idea del raddoppio senza crederci, e perdendo il 5%, 300 schede, deve dimettersi".
Perché non c'era una visione d'insieme?
"Non solo questa. S'è puntato sulle persone dimenticando il partito, che ora è diventato la quarta forza di Lugano, dietro al Ps".
Però il Ppd s'è schierato compatto dietro a Jelmini.
"Mi sembra palese. E dire che m'avevano accusato di essere leghista, ma la Lega non mi ha votato e nemmeno il Ppd. Ora occorre trovare il coraggio di cambiare la classe dirigente di Lugano e tornare ad essere davvero un partito popolare, vicino al popolo".
Il giorno dopo la pesante sconfitta di Lugano, l'ex candidato al municipio ha scritto ai vertici PPD luganesi per chiedere loro un passo indietro. GUARDA LA VIDEO INTERVISTA
 
LUGANO - "L'ufficio presidenziale della sezione PPD di Lugano rimetta il suo mandato, e anche alcuni consiglieri comunali facciano un passo indietro per lasciare spazio ai giovani". Firmato Franco Denti. Il giorno dopo le votazioni per le comunali di Lugano, che hanno segnato una grave sconfitta per i popolaridmeocratici, l'ex candidato al municipio apre il dibattito in casa azzurri.
Denti lo ha messo per iscritto in un' e-mail inviata ai dirigenti PPD luganesi. E mail che non mancherà di far discutere. "Mi sembra normale che alla fine di un ciclo elettorale chi ha guidato il partito rimetta il suo mandato per consentire una discussione più aperta possibile. Così accade nelle associazioni che frequento, e così auspico che accada anche nel PPD. Quanto ai consiglieri comunali, essendo questa una legislatura breve, mi pare giusto far sì che entrino dei giovani in modo che possano cominciare a farsi le ossa".
Alcuni segnali facevano pensare ad un'elezione complicata per il Partito popolare democratico, che alla vigilia aveva lamentato uno scarso rilievo sui mass media. Il sondaggio pre-elettorale del GdP vedeva il Ppd al 17%. Tuttavia il 13,3% rimediato nel voto per l'Esecutivo, 4,7 punti in meno di 5 anni fa, ha lasciato basito il popolo 'azzurro'. Laura Tarchini, presidente della sezione Ppd di Lugano: «Una percentuale così bassa non ce l'aspettavamo, per il lavoro che abbiamo fatto, per la campagna che abbiamo portato avanti. Le percentuali alte di Lega e Plr dimostrano però che l'attenzione era puntata tutta e solo sulla lotta Giudici-Borradori, il che è vergognoso dal punto di vista dei media. Chi è stato lasciato in disparte, quindi noi, i socialisti e gli altri partiti ha avuto una grossa perdita e per quanto ci riguarda, una grossa delusione». Nella sala E del Palacongressi si notava l'assenza dei pezzi grossi del partito. Un paio di personalità pipidine erano invece venute da fuori per sostenere, o confortare, la sezione cittadina. Come il sindaco di Massagno Giovanni Bruschetti: «Potrebbe andar meglio». O l'ex consigliere di Stato, oggi deputato in Gran consiglio, Alex Pedrazzini: «La mia lunga esperienza politica mi porta a dire che quando sono rose e fiori, c'è un sovraffollamento; quando si deve pedalare in salita numerosi sono coloro che sarebbero venuti volentieri ma... purtroppo hanno avuto altro da fare. Se io vengo in questi momenti è anche per dire che non necessariamente se non si è raggiunto l'obiettivo che ci si era prefissi si diviene dei 'meno che niente'».
Il risultato dell'elezione del Consiglio comunale ha leggermente mitigato la disfatta: 14,8%,meno 2,7%, se non altro in Legislativo il Ppd resta il terzo partito. Ma lascia sul campo due seggi. Ne fa le spese Enrica Bianchi; tutti rieletti gli altri uscenti che si erano ripresentati, cui si aggiungono i nuovi Sara
Beretta- Piccoli e Michele Malfanti.
Voto sul coefficiente d'imposta e raddoppio le discriminanti del ballottaggio
 
I valori della famiglia, l'aiuto agli anziani, ai giovani in cerca di lavoro, l'educazione e il sostegno alle istituzioni che, come il polo universitario, danno lustro al nostro cantone.
Questi sono i cavalli di battaglia del PPD cantonale, ma anche e soprattutto di quello del Luganese, che ieri ha dato appuntamento alla stampa «perché la gente deve sapere». Ossia bisogna uscire dalla logica dello scontro all'ultimo sangue tra Giudici e Borradori, che secondo i pipidini ha occupato fin troppo spazio sui media. Un clima inacidito, in cui «un raddoppio del PPD è perciò tanto più auspicabile », ha affermato il presidente cantonale Giovanni Jelmini,
il quale non ha risparmiato nuove bordate contro la RSI, la quale ieri, non presenziando alla conferenza stampa del PPD, «ha perso un'altra occasione per
dimostrarsi per una volta corretta». Tornando a bomba sui toni della contesa elettorale, Jelmini ha sostenuto che «l'esasperazione di questa campagna avrà degli strascichi. Immaginatevi d'ora in poi Giudici e Borradori, PLR e Lega, gomito a gomito nel nuovo Municipio». Un Esecutivo a cui una forte presenza di mediazione gioverebbe dunque, anche se finora, come ha sottolineato il coordinatore Rolf Endriss, «ci siamo sentiti messi da parte» e questo benché «il PPD sia terzo partito. (...) Abbiamo delle proposte concrete, ma che portiamo avanti con fatica, cercando delle convergenze. Una cosa in cui siamo bravi, come abbiamo dimostrato sul regolamento sociale e sulle misure anticrisi, passati entrambi col nostro voto». Insomma il messaggio è chiaro. Raddoppio o non raddoppio, il PPD vuol dire la sua pure nella prossima legislatura, anche se per ora continua a tenersi le mani libere in vista del verosimile ballottaggio per la poltrona di sindaco, a meno che uno dei due pezzi da novanta non si ritiri, evento non impossibile secondo Jelmini. Ad ogni modo, se si andrà ai "supplementari", l'atteggiamento del PPD verrà influenzato proprio da un eventuale raddoppio azzurro - che potrebbe spingere a
puntare su un candidato proprio - ma anche e soprattutto dal voto di ieri in Consiglio comunale sul moltiplicatore d'imposta, come ha spiegato, cifre alla
mano, la candidata in Municipio Simonetta Perucchi Borsa. «Col moltiplicatore al 70% avremmo un disavanzo di quasi 50 milioni, tenendo conto dei 4 milioni di deficit dei nuovi quartieri e del milione in più che dovremmo pagare per il fondo perequativo.
Perciò sarebbe obbligatorio tagliare la spesa». Ma il PPD non ci sta su quella che giudica una manovra elettoralistica, che, si afferma, comporterebbe tagli
alle associazioni sportive, culturali e agli eventi sponsorizzati dalla Città.
Perciò i pipidini ieri mattina, hanno richiamato - inutilmente possiamo dire a posteriori - alla responsabilità il PLR, il quale invece, ha rimarcato Perucchi
Borsa, sul moltiplicatore si è già diviso in Municipio, che a sua volta è stato sconfessato dai liberali in CC, che si sono schierati compatti per il mantenimento al 70 percento, contro il volere di alcuni suoi capidicastero. Ma aldilà del moltiplicatore e di alcuni grandi temi, «le cose che interessano di più ai cittadini sono altre», come ha ribadito Laura Tarchini. A suo avviso i negletti di questa campagna elettorale sono gli anziani e i giovani, che non sarebbero sostenuti a sufficienza quando vogliono mettere su famiglia.
La pancia di Franco Denti: merito degli esercenti ticinesi. Lo ha affermato lui stesso all'aperitivo di GastroLugano, ieri sera all'Hotel Lido Seegarten.
 
Secondo aperitivo elettorale della sezione di Lugano di Gastrosuisse, ieri sera nella favolosa cornice dell'Hotel Lido Seegarten di Lugano. Dopo l'appuntamento di lunedì scorso con il sindaco uscente, Giorgio Giudici, ieri è stato il turno di Marco Borradori. Dopo il saluto del capo dicastero turismo, Lorenzo Quadri, il presidente di GastroLugano Daniele Meni ha illustrato le preoccupazioni del suo settore, dalla crisi alla mancata indipendenza dalle condizioni meteo.
Borradori ha risposto dando quelle che sono le sue impressioni sul settore, senza riuscire a fornire delle reali risposte, ma dando la propria disponibilità al dialogo.
La parte più esilarante è però stata quando la parola è passata ad un altro candidato al Municipio, Franco Denti. Il medico ha voluto ringraziare di cuore gli esercenti ticinesi, è grazie a loro che la sua corporatura non è propriamente esile, precisando poi che non va mai in Italia al ristorante (salvo quando va in
vacanza). Dopo le battute, Denti ha voluto fra l'altro sottolineare ancora una volta le opportunità che dovremo saper cogliere con l'apertura di Alptransit.
Franco Denti
LAC: Inauguriamolo e vendiamolo a privati con esperienza nel campo delle manifestazioni internazionali, mettendo in rete la loro offerta con quella presente in città.
FRONTALIERI: Rivediamo l'orientamento professionale e miglioriamo la qualità della formazione coinvolgendo e responsabilizzando le aziende.
MOLTIPLICATORE: Dobbiamo riuscire a razionalizzare tutti i servizi presenti sul nostro territorio cittadino. Bisogna inoltre contabilizzare le entrate e decidere quali siano i progetti prioritari.
 
Simonetta P. Borsa.
LAC: Sarà sicuramente un polo di attrazione che diventerà fattore di crescita culturale, turistica, economica e sociale. Aiuterà il nostro radicamento nella storia e nella tradizione.
FRONTALIERI: No al dumping salariale. Serve miglior orientamento scolastico che sposti l'attenzione dei giovani su settori dove vi è carenza di manodopera e, ora, si devono assumere frontalieri.
MOLTIPLICATORE: Sì al 73%. Chi ha un reddito di 60 000 franchi ne pagherà 150 in più all'anno e contribuirà al risanamento dei conti comunali. Un secco no al ridimensionamento dei servizi.
 
Sara Beretta Piccoli
LAC: Gli investimenti effettuati per il Lac sono di circa 200 milioni e sono stati approvati all'unanimità (da tutti i partiti) dal Consiglio Comunale.
FRONTALIERI: I frontalieri sono sicuramente aumentati in Ticino negli ultimi anni. Ma allo stesso tempo bisogna anche dire che la disoccupazione è rimasta stabile tra il 4 e il 5 percento.
MOLTIPLICATORE: Il moltiplicatore aritmetico a Lugano è pari all'85%. Pur portando il moltiplicatore al 75% le spese andrebbero sicuramente riviste.
 
Angelo Jelmini
LAC: Arte e cultura a 360 gradi avranno presto a Lugano una struttura di alto profilo. La cultura crea indotto e occasione di sinergie tra risorse pubbliche e private.
FRONTALIERI: Molti sono insostituibili e ci garantiscono servizi vitali. Nel terziario vengono però assunti per mera speculazione a danno delle risorse indigene. Un fenomeno da bloccare con determinazione.
MOLTIPLICATORE: Niente moltiplicatore elettorale, ma un lieve rialzo per contenere il deficit e garantire la qualità dei servizi, l'impegno sociale, gli eventi e il sostegno alle attività di volontariato.
 
Francesca B. Brooks.
LAC: È un progetto fantastico che permetterà di proporre grandi eventi tanto quanto sperimentazioni negli appositi spazi per artisti emergenti... grande idea!
FRONTALIERI: Occorre la clausola di salvaguardia per garantire la precedenza ai lavoratori indigeni e una formazione scolastica mirati per tutti i nostri giovani.
MOLTIPLICATORE: Chi oggi dice 70 dovrà dire 75 tra un anno. Non mi sembra un atteggiamento responsabile e neppure onesto nei confronti dei cittadini. Per questo motivo sostengo il 73%.
 
Michele Malfanti.
LAC: Manifestazioni e avvenimenti di carattere internazionale, ma intesi a far crescere in città un centro innovativo di produzione artistica, anche da esportazione.
FRONTALIERI: Un aspetto del nostro paese di confine esasperato dalla crisi, fino a diventare un problema, la cui soluzione è nelle mani del Cantone e della Confederazione.
MOLTIPLICATORE: Da mantenere per quanto possibile, innanzitutto sfruttando le potenzialità del Comune sia nel contenimento dei costi sia nel favorire delle attività economiche.
 
Angelo Bernasconi
LAC: La cultura è importante sia per i nostri cittadini sia per i turisti. Con il Lac l'immagine internazionale di Lugano migliorerà.
FRONTALIERI: Si tratta di un aspetto da mettere sul tavolo dei negoziati con l'Italia per ottenere il completamento di AlpTransit a sud di Chiasso e creare così nuove opportunità di lavoro.
MOLTIPLICATORE: In un periodo di crisi l'ente pubblico deve investire e per questo ha bisogno di mezzi (garantiti da un moltiplicatore stabile) per non ribaltare le spese sulle generazioni future.
Franco Denti, il medico che nel Ppd... corre da solo
 
Franco Denti, 56 anni, il medico che ama il calcio, che si considera al di fuori dei giochi. Un "utopista" che ha contestato il proprio partito, giudicato troppo aristocratico, di non sostenerlo adeguatamente nella campagna elettorale e che nel Ppd... corre da solo.
Ma com'è che il Ppd non le vuole bene? "In verità avevo detto il Ppd di Lugano non mi coccolava abbastanza..."
Perché, coccola forse di più Angelo Jelmini? "Ma sicuramente".
Lei dice anche che il Ppd luganese è troppo aristocratico. "Certo. Effettivamente lo vedo un po' distaccato dal popolo".
Non tutto, ad esempio Beltraminelli è molto popolare, vicino alla gente. "Lui sì, e difatti a Lugano nel 2011 aveva preso meno voti di Jelmini".
Lei invece è considerato il ppd più leghista, decisamente atipico? "Io penso che ci siano anche tanti altri ppd popolari come il sottoscritto. Se ho ottenuto 39 mila voti per il Gran consiglio, vuol dire che non sono così atipico: magari non ho sempre il consenso assoluto, però mi ritrovo nel Ppd".
Lei punta al secondo seggio ppd in municipio? A spese di chi? "Mi prefiggo questo obiettivo senza fare una battaglia contro qualcuno, ma per qualcosa. Per una città col sorriso".
Se fosse eletto, che dicastero vorrebbe assumere? "Quello della polizia".
Nei suoi slogan punta molto sulla sicurezza. Perché? Lugano è poco sicura o vuol far l'occhiolino alla Lega? "Nessuno dei due. In Ticino, anche se aumentano i furti, abbiamo sostanzialmente città sicure. Ma essendo abituati bene abbiamo la soglia di tolleranza più bassa".
Un' insicurezza percepita, dunque? "Sì, determinata da un insieme di situazioni, solitudine, crisi economica. E poi c'è un dato oggettivo. Lugano dal rapporto di un poliziotto per 400 abitanti passerà in futuro a uno per 900. Evidentemente questa sensazione d'insicurezza potrà aumentare, per questo bisogna fare qualcosa, essere proattivi."
Non teme un voto emotivo sull'onda della scomparsa di Bignasca? "Non saprei. Ma so che la gente dimentica molto facilmente. Lo dico ricordando che io a Bignasca volevo bene, come lui ne voleva a me. Eravamo amici".
Socialità, Lugano pare essere comune ricco, ma pieno di poveri. "Pieno di poveri, non direi. Ma certo il disagio soprattutto giovanile sta aumentando".
 
Si può fare qualcosa? "Si deve. Premesso che Lugano in quest'ambito è all'avanguardia, occorre migliorare il sistema sociale, occupandosi e recuperando i giovani in difficoltà con iniziative economiche".
La Nuova Lugano è frutto di una serie di aggregazioni. Cosa fare ora? "L'aggregazione è stato un successo di cui va dato dato il merito a Giorgio Giudici. Però oggi deve consolidarsi e guardare al futuro sviluppo ragionando in un'ottica di distretto, portando avanti progetti e discorsi paritetici con i Comuni della cintura".
La città ha oltre 1.900 dipendenti, un costo in aumento, 19 dicasteri. È tutto ok o bisogna intervenire? "No, penso che occorra cominciare a razionalizzare, unificare, e creare anche un nuovo dicastero per il Verde, per valorizzare l'ambiente, per rivalutare le professionalità,
per avere maggior creatività. Quanto al personale, prima di tutto bisogna evitare che ci siano precari..."
Fra i nuovi progetti, è stato appena presentato quello del nuovo lungolago, che ne pensa? "Si tratta di un progetto da approfondire, di cui mi lascia perplesso la copertura a foglia. Certo è che Lugano sta avviando molti progetti, molte iniziative: si tratta poi di fare delle scelte di priorità, perché tutto non si può fare".
E scegliendo fra grandi progetti, dal centro sportivo al centro congressi, qual è per lei il più importante? "Con la testa sicuramente il polo congressuale, perché permetterà a Lugano di crescere in ambito turistico. Con il cuore, essendo stato medico del Football club Lugano, vedrei bene il polo sportivo e lo stadio senza pista".
Soddisfatto della nuova viabilità? "Fino a via Zurigo funziona, oltre è un caos. Bisogna intervenire rapidamente".
È favorevole ad aumentare la pedonalizzazione del centro? "Con tutta l'onestà intellettuale, è una grossa sfida mentale anche per me. Penso
che bisognerà trovare un giusto compromesso, perché non si può limitare troppo il traffico privato".
Parliamo di cultura, del Lac, lo considera una cattedrale nel deserto o una grande risorsa? "L'ho definito un bel contenitore privo di contenuti. Se la visione è avere spettacoli nazionali e internazionali non può essere gestito dalla Città, bisogna affidarlo ad esperti, a competenti...".
Non rischia, la gestione futura del Lac, di essere troppo pesante per le casse della Città? "È un rischio da evitare. Occorre, come detto, affidarlo in gestione a privati o a fondazioni per evitare che assorba troppe risorse lasciando senza finanziamenti la cultura popolare, quella underground del giovane che fa teatro, che suona in una cantina. Il Lac deve rendere in modo che ci siano le risorse per investire nella cultura popolare".
Sì all'aumento del moltiplicatore? "No. Prima penso che occorra razionalizzare l'amministrazione, verificando anche l'entità del patrimonio immobiliare comunale, alienando anche parte delle proprietà, proprio per consentire quegli investimenti necessari. Solo dopo questa operazione si può guardare al moltiplicatore, fermo restando che è meglio che i soldi restino nelle tasche dei cittadini".
Disoccupazione giovanile e cinquantenni senza lavoro che sanno che sarà molto difficile trovarne un altro: serve un welfare civile
 
Ecco il quadro sociale in cui si trovano la nostra Città e il nostro Cantone. In Ticino ci sono circa 180'000 posti di lavoro di cui, secondo i dati appena pubblicati dall'Ufficio federale di statistica, nel 2012 55'554 erano occupati da frontalieri, in aumento di 3'086 unità per rapporto al 2011. La crescita più forte si riscontra nel terziario.
Su queste basi possiamo dire, senza timore di essere smentiti, che il rapporto tra lavoratori frontalieri e autoctoni sta diventando insostenibile e che il numero di lavoratori in provenienza dalla fascia di confine cresce più dei posti di lavoro che vengono creati: a riprova che una tendenza alla "sostituzione" è in atto.
Riprova supportata da un'analisi elaborata dall'USI che indica come nel terziario, dal 2007 i posti siano aumentati di 5'600 unità mentre il numero di frontalieri occupati nel settore è pari al 49%: dato che la disoccupazione nel terziario non diminuisce, se ne può dedurre che i posti di lavoro non sono occupati da residenti.
Prendersela con i frontalieri però non serve: sono persone che, come noi, hanno bisogno di lavorare per "sbarcare il lunario".
Occorre invece un'azione coordinata e responsabile;  dobbiamo agire in sinergia con le imprese, adattando l'orientamento professionale e la formazione scolastica ai profili dei quali gli imprenditori necessitano: in poche parole indirizzare i  giovani verso quelle professioni per le quali si prevede vi sarà uno sbocco.  Nei loro confronti abbiamo il dovere di essere trasparenti e di sottolineare che  il lavoro è sì passione, ma anche fatica  e sacrificio e che non sempre nella vita è possibile fare ciò che si desidera. Solo così le imprese avranno più probabilità di trovare "in casa" le competenze di cui necessitano.
Giovani disoccupati o con un lavoro precario e cinquantenni  che per la  prima volta perdono il posto e sanno che sarà difficile trovarne un altro, per loro lo Stato può e deve fare la sua parte anche dal punto di vista della fiscalità e dell'incentivazione delle imprese che assumono domiciliati, per esempio concedendo "sconti fiscali". È anche necessario intervenire sull'imposta alla fonte, in modo che anche i frontalieri contribuiscano al mantenimento delle condizioni quadro coprendo in parte i costi che causano, penso in particolare all'aumento del traffico, ecc.
E ancora, dato che la tipologia del disoccupato sta cambiando e ci troviamo sempre più confrontati con persone con una buona formazione e spesso anche con anni di esperienza, dobbiamo verificare se le competenze degli uffici di collocamento corrispondono alla nuova situazione.
In conclusione i partner sociali devono agire di concerto in modo da trovare soluzioni che riportino la situazione alla normalità, perché avere un posto di lavoro significa indipendenza, libertà di decidere del proprio futuro per il singolo, ma anche ricchezza e sicurezza per la comunità intera: è ora di pensare anche al un welfare civile.
Nel tempo i rapporti fra fami­glia e lavoro sono parecchio cam­biati: prima della rivoluzione indu­striale erano pra­ticamente due facce della stessa realtà, con geni­tori e figli attivi nell'agricoltura o nell'artigianato. Con la Rivoluzione Industriale si afferma la separazione tra il posto dove si lavora e
il luogo della vita famigliare, nel pri­mo si produce e nel secondo si consu­ma: ecco così la famiglia trasformata in un anello del mercato. A questo punto chiediamoci se veramente la famiglia sia solo un consumatore o se, invece, non abbia anche un ruolo di «produttrice di valori» altri che quelli normalmente riconosciuti dal mercato, e la risposta è: assolutamente sì! La famiglia genera capitale umano, capi­tale relazionale, educazione e, non da ultimo, attraverso la costituzione di reti di fiducia, genera un capitale so­ciale. In parole povere è necessario ricono­scere alla famiglia il primo posto nella produzione di valori sociali e, parten­do da questo assunto, risulta chiaro che, come è giusto sostenere e finanzia­re le imprese, sostenere la famiglia è ancora più giusto.
Se per il mercato (inteso come scambio puramente economico) vale il princi­pio di specializzazione, cioè ognuno si dedica al compito per il quale ha le migliori competenze, per la famiglia invece deve valere il principio di com­plementarietà, perché ai figli occorro­no entrambe le figure genitoriali e per­ché in questo modo soltanto si ricono­sce il bisogno che ognuno ha dell'altro. Per favorire la presenza di entrambi i
genitori si potrebbe rendere più flessi­bili gli orari di lavoro: invece di comin­ciare alle otto di mattina e finire alle 18 si potrebbe pensare a un orario aperto, in cui per esempio la mamma che lavora inizia alle 10,
prendendosi così il tempo per occuparsi dei bambi­ni e il papà finisce alle 16.30 ritaglian­dosi il tempo di stare con i figli.
Purtroppo in questo ambito, le politi­che degli Stati e dell'UE, sembrano es­sere in ritardo e praticare un principio che potremmo definire di conciliazione tra lavoro e famiglia. Promuovono cioè l'adattamento della famiglia al lavoro in modo da permettere alle donne di essere professionalmente atti­ve. Scopo senza dubbio condivisibile, dato che negli ultimi trent'anni le don­ne hanno raggiunto livelli di formazio­ne eccellenti e che hanno tutto il diritto di mettere in pratica il sapere e le espe­rienze cumulate in anni di studio.
In realtà però, queste politiche che, a prima vista sembrano favorire la fami­glia, non fanno altro che sostenere la crescita dell'individualismo e della produttività delle imprese che, dopo aver scoperto
che le donne sono più «brave» degli uomini, vedono la fami­glia come un ostacolo. Come esempio mi rammento il racconto di una mia conoscente alla quale, al momento di essere scelta da una grande impresa internazionale per uno sviluppo di carriera, era stato chiesto se avesse in­tenzione di costruirsi una famiglia!
Per favorire le famiglie dobbiamo dun­que staccarci da queste visioni e ognu­no degli attori sociali deve fare la sua parte: le imprese potrebbero cambiare l'organizzazione del lavoro, le famiglie dovrebbero unirsi per diventare un in­terlocutore delle aziende e lo Stato do­vrebbe intervenire a livello legislativo: infatti, perché sulle leggi si conducono studi di impatto ambientale e non se ne fanno di «impatto famigliare»?
I posti di lavoro in questi settori stanno diminuendo
 
Ma dove vanno i marinai, cantava Lucio Dalla qualche anno fa, noi oggi potremmo chiederci: dove vanno a finire i bancari? Ho letto con estrema preoccupazione le cifre comunicate dal'Associazione Bancaria Ticinese (ABT) che segnalano un calo di 224 posti di lavoro durante lo scorso anno nel settore terziario, in particolare in ambito bancario.
Un dato preoccupante, che perdura da ormai 10 anni con una compressione di oltre il 10% che potrebbe essere addirittura peggiore pensando anche al
para-bancario, costituito da fiduciarie, consulenti vari finanziari, avvocati, ecc. E le previsioni per il 2013 sono tutt'altro che rosee. Da medico impegnato
nella società ticinese e da buon osservatore della realtà economica, nutro parecchia preoccupazione per il nostro Cantone. Il terziario è un settore che si
caratterizza per offrire posti di lavoro ad alto valore aggiunto a impiegati di nazionalità svizzera (ben l'83% del totale è confederato). E oggi più che mai
sono in tanti a pensare che occorre fare di più per proteggere questi impieghi!
Attualmente ci sono alcune iniziative che cercano di combattere questo fenomeno, purtroppo però, malgrado siano lodevoli, non sempre sono sufficienti. Cito ad esempio "Ticino for Finance", un progetto nato dalla collaborazione tra il Cantone, il DFE e l'Associazione Bancaria Ticinese, che mette a disposizione le competenze di diversi esperti per raggiungere l'obiettivo comune di un'ulteriore crescita per la piazza finanziaria ticinese, sottolineandone al meglio qualità e peculiarità . Un ente misto pubblico-privato, il cui scopo principale è quello di favorire il trasferimento in Ticino di attività finanziarie ad alto valore aggiunto. Nei suoi primi due anni di attività, l'associazione ha creato piattaforme relazionali sia in Ticino che all'estero e ha promosso contatti professionali a diversi livelli. "Ticino for Finance" è un buon esempio che giova sicuramente alla piazza finanziaria, ma da solo non basta. Concretamente è importante che ci sia una presa di coscienza da parte di tutta la collettività per capire che ci vuole un cambiamento verso una strategia più proattiva in favore di una piazza finanziaria forte, diversificata e di respiro internazionale.
Per farlo credo che tutto il sistema-Paese debba cominciare a cambiare rotta, promuovendo la piazza finanziaria ticinese con maggiore spirito d'imprenditorialità, considerando che abbiamo parecchi vantaggi tra cui delle competenze specifiche, una posizione importante sullo scacchiere internazionale delle piazze finanziarie, un sistema politico ed economico basato sul libero mercato, una qualità di vita elevata, ecc. Insomma, piuttosto che aspettare che arrivino funzionari di Singapore - tanto per fare un esempio concreto - per sottrarci aziende, posti di lavoro, gettiti fiscali e competenze, dobbiamo cominciare anche noi ad avere un strategia più chiara e definita per attirare nuove realtà. Ciò che si sta facendo con "Ticino for Finance" e che promuovono altri attori va bene, ma non è abbastanza, considerando che l'isola felice è da un po' sotto attacco.
Se è vero che da qualche parte si deve cominciare, come già proposto a più riprese dai popolari democratici, è opportuno rilanciare l'idea di
un "Forum cantonale" dove una delegazione del Consiglio di Stato, i rappresentanti dei partiti, quelli delle associazioni economiche, sindacali e comunali, con il coinvolgimento dell'USI e della SUPSI, possano valutare le conseguenze dell'attuale crisi economica e possano discutere ed elaborare un
piano di rilancio dell'economia, promuovendo il nostro territorio e le nostre condizioni quadro, favorevoli per attirare aziende ad alto valore aggiunto e
innovazione nel settore secondario - come si è fatto negli ultimi anni - ma anche e soprattutto nel terziario. Cominciamo dunque dalla base del dialogo e
rilanciamo la nostra piazza finanziaria, fonte di orgoglio e motore centrale della nostra economia!
 
Dr. Med. Franco Denti
candidato al municipio di Lugano
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